Cominciata l'opera di transizione in Afghanistan
Roma, 21 luglio - L’Afghanistan è ad una svolta: è infatti iniziato, in alcune aree del Paese, tra le quali Herat (oggi), il processo di Transizione, un percorso graduale di assunzione di responsabilità da parte afghana nel campo della sicurezza, che interesserà progressivamente tutto il Paese. Nel contempo, progressi sul piano istituzionale e dello sviluppo dovranno rendere tale percorso veramente irreversibile. L’obiettivo è fissato: entro il 2014, le istituzioni afgane dovranno essere in grado di gestire autonomamente la sicurezza del Paese, pur con la necessaria assistenza internazionale in funzione di sostegno e non più di sostituzione. (leggi tutto)
Per poter consegnare le chiavi della sicurezza nelle mani degli Afgani, l’Italia e gli alleati hanno costantemente privilegiato l’addestramento e la formazione delle Forze di sicurezza afgane (ANSF). I risultati sono evidenti: non solo le ANSF (esercito e polizia) sono aumentate di 100.000 unità negli ultimi 18 mesi (raggiungendo i 300.000 effettivi circa, cui se ne aggiungeranno altri 46.000 entro ottobre 2012), ma hanno conseguito livelli adeguati di preparazione operativa ed equipaggiamento. Un percorso formativo che non ha trascurato l’alfabetizzazione (sono oltre 70.000 i beneficiari di tali programmi), la formazione in tema di diritti umani e stato di diritto. Anche la fedeltà delle forze militari e di polizia afgane è aumentata: il tasso di abbandono si è infatti ridotto a meno del 2% su base mensile. In questo fondamentale impegno l’eccellenza italiana, delle nostre Forze Armate tutte, è stata riconosciuta tanto dalle Autorità afgane che dalla NATO e dagli Stati Uniti. Sul versante ricostruzione, il PRT (Provincial Reconstrucyion Team) di Herat ed i vari nuclei di Cooperazione Civile-Militare presenti sul territorio hanno concretizzato numerosi progetti ad elevato impatto per la popolazione afgana nel breve/medio periodo, creando un elevatissimo consenso delle autorità locali verso la presenza militare nazionale. In particolare, sono state realizzati, negli ultimi sei anni, oltre seicento opere, tra scuole, ospedali, manufatti di irrigazione, strutture di comunicazione e di trasporto, centri polifunzionali, edifici pubblici, oltre alle attività di assistenza diretta per fronteggiare situazioni di emergenza umanitaria. Tale lavoro ha riscontrato il plauso unanime delle autorità civili e militari internazionali, che hanno sempre indicato il PRT a guida italiana, che opera coinvolgendo pienamente le autorità e la popolazione locali, come un modello. Sul piano civile, la Cooperazione italiana allo Sviluppo del Ministero degli Esteri ha realizzato, assieme alle Autorità afgane, numerosi programmi di sviluppo e rafforzamento istituzionale, partendo dalla consapevolezza che il miglioramento delle condizioni della popolazione è indispensabile per contrastare il terrorismo, la radicalizzazione religiosa, le tensioni interetniche. Particolarmente rilevante l’impegno nei settori della “governance”, dello sviluppo rurale, delle infrastrutture stradali, della sanità e dell’aiuto umanitario. Tali programmi sono stati prevalentemente realizzati attraverso le strutture del Governo locale, perseguendo una strategia di ”afghanizzazione” dell’aiuto, concordata internazionalmente e volta a promuovere gradualmente uno sviluppo autonomo. La città di Herat, dove più forte è la presenza italiana, parte tra le prime: un riconoscimento dei risultati raggiunti e, nel contempo, un test che dobbiamo affrontare, assieme alle Autorità afgane ed ai partner internazionali, con convinzione ed impegno, per proseguire nel percorso che dovrà restituire l’Afghanistan agli Afgani. L’Italia continuerà ad impegnarsi affinché le condizioni per “irradiare” la Transizione nelle altre Province della regione occidentale si realizzino: con l’incremento degli addestratori; nuove iniziative di sviluppo e sostegno istituzionale della Cooperazione italiana; l’attenzione alle tematiche trasversali quali la giustizia e i diritti umani; il supporto al settore privato. E’ questo il momento di imprimere un’accelerazione, non di ridurre il profilo del nostro ruolo. Continueremo nel contempo a contribuire alla ricerca di una soluzione politico-diplomatica del conflitto afgano che includa tutte le componenti etniche e sociali del Paese e tutti i Paesi della regione. In questo momento di passaggio, dobbiamo essere consapevoli di come la comunità internazionale, con la convinta partecipazione dell’Italia, ha contribuito a cambiare in meglio l’Afghanistan negli ultimi dieci anni: è stata approvata una Costituzione moderna; 7 milioni di bambini (di cui il 35% femmine) vanno a scuola, rispetto ai 900.000, solo maschi, sotto i talebani; l’istruzione universitaria femminile è passata dallo 0% del al 19.3% del totale degli studenti; i servizi sanitari hanno raggiunto il 64% della popolazione (partendo dall’8%); la mortalità infantile si è ridotta del 20%; in Parlamento siedono 68 donne (il 218% del totale); il tasso di crescita economica si è attestato a circa il 10% annuo; le entrate fiscali sono aumentate del 400% rispetto al 2006, segnale di uno stato che inizia a funzionare; 16.000 funzionari afghani sono stati formati per rendere efficiente l’erogazione dei servizi ai cittadini; 6700km di strade sono stati costruiti o ristrutturati; più dell’80% dei villaggi del Paese è stata beneficiaria di microprogetti decisi e realizzati dalle comunità locali; la capacità di generazione elettrica è aumentata da 243 a 1028.5 megawatt. Resta certo moltissimo da fare in un Paese che è tra i più poveri al mondo, con tragiche ineguaglianze sociali e istituzioni ancora fragili e inadeguate. Abbiamo però costruito insieme le fondamenta affinché le Autorità ed il popolo afgano si riapproprino, progressivamente e gradualmente, del proprio destino.
mb per informazioni: www.esteri.it
< Prec. | Succ. > |
---|