Al Sana 2011 di Bologna presentazione del Bioreport 2011
Roma, 12 settembre - Il “Bioreport 2011. Agricoltura biologica in Italia" è fresco di stampa ed è stato presentato ufficialmente al Salone internazionale del naturale (Sana) di Bologna 2011. Lo studio, realizzato dalla Rete rurale nazionale (Rrn) in collaborazione con diverse istituzioni e associazioni, tra le quali L’Associazione italiana per l'agricoltura biologica, Aiab, è una fotografia del settore biologico italiano, che mette a fuoco la produzione, il mercato, a normativa e il sostegno pubblico al bio. Si tratta di un importante lavoro frutto della sinergia fra diverse istituzioni di primo piano operanti nel settore biologico. (leggi tutto)
La ricerca ha documentato, un incremento consistente dell'agricoltura bio-sociale, registrando 221 aziende bio sociali nel 2011 contro le 107 censite nel 2007 . Per quanto riguarda la dislocazione territoriale si registra una maggiore incidenza, pari al 38 %, al Nord (23% a Nord-Est e 15% a Nord-Ovest), mentre il 34% del campione censito è presente nelle regioni del Centro e il 28% al Sud. A livello regionale il primato è del Lazio con 29 fattorie bio sociali, pari al 13,1% del totale. “La ricerca, commenta Anna Ciaperoni, reponsabile Agricoltura sociale dell'Associazione nazioanle agricoltura biologica, evidenzia alcuni dati particolarmente significativi sia sotto l’aspetto delle politiche agricole che di quelle sociali. Primi tra tutti il crescente interesse verso tali pratiche testimoniato dall’aumento del numero di operatori bio-sociali, cresciuti di oltre il 100% negli ultimi 3 anni. Un secondo aspetto da rimarcare è la crescita dell’incidenza delle aziende agricole sul totale delle imprese agri-sociali. Sebbene la cooperazione sociale resti la forma giuridica più diffusa, l’imprenditoria agricola passa da un’incidenza inferiore al 25% nel 2007 a circa il 33% del totale degli operatori agri-sociali”. “Sul versante agricolo, prosegue Anna Ciaperoni, si conferma un’attività agricola fortemente diversificata, con una predominanza delle attività ad alta intensità di lavoro, la chiusura dei cicli produttivi e una significativa diversificazione che si esprime nell’esercizio di un mix di attività quali la ristorazione, l’agriturismo, la didattica e la tutela ambientale. Un’altra caratteristica che emerge è relativa al ricorso ai diversi canali commerciali a filiera corta e la propensione a costituire reti formali e informali tra le aziende per le diverse attività”. Le imprese di bio-agricoltura sociale svolgono un'attività multifunzionale e sul piano produttivo operano principalmente nel settore ortofrutticolo e nell'allevamento di animali di piccola taglia (apicoltura e avicoltura), entrambi settori ad alta intensità di lavoro. Mentre per quanto riguarda i soggetti svantaggiati accolti è emerso che il 19,7%, delle fattorie lavora con persone con disabilità psichica, il 18,8% con disabilità fisica e il 12,5% con disabilità mentale e il 17,3% accoglie persone con dipendenza (10,7% tossicodipendenti e 6,5% alcol dipendenti), il 9,3% minori e giovani a rischio (9,3%). Sul fronte della commercializzazione le imprese del settore fanno ricorso ad un ampio ventaglio di canali: la maggioranza della azienda fa ricorso alla vendita diretta in azienda (38%), un quinto ai GAS e un altro quinto ai mercati locali, ai ristoranti e alla vendita on-line. “Altri aspetti significativi sul piano dello sviluppo agricolo, spiega ancora Ciaperoni, sono rappresentati di processi di ricomposizione fondiaria cui le aziende agri-sociali danno luogo, al recupero di terre pubbliche incolte e al processo di rinnovamento generazionale degli addetti. I protagonisti dell’AS sono infatti giovani e donne con alti livelli di scolarità. Sul versante sociale, le fattorie biologiche si rivelano importanti alternative al confinamento di persone con disagio in strutture chiuse. L’insieme di queste attività consente alla azienda agricola biologica di partecipare ad articolate e variegate reti di relazioni con gli attori extra agricoli del territorio: consumatori, scuole, Asl, Enti locali, Istituti di pena, Sert, università, strutture di ricerca e opere religiose. I processi in atto contribuiscono al superamento della frattura tra mondo agricolo e rurale e contesti urbani e periurbani”. Tutte le bio fattorie sociali rilevate hanno infatti rapporti con una pluralità di enti e istituzioni: l’86% del campione infatti collabora con più enti pubblici e privati. Nel complesso, le fattorie sociali attivano collaborazioni in modo significativo con il settore sanitario, Asl e Sert, (25,5% delle preferenze), seguono gli Enti Locali (21,1%), il volontariato (18,1%), le Università e le scuole (12,1%).
bm per informazioi: www.aiol.it
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