Un angelo di pietra che svetta su un mare di verde
Era una bella mattina di fine novembre. Nella notte aveva nevicato un poco, ma il terreno era coperto da un velo fresco non più alto di tre dita. Al buio, subito dopo laudi, avevamo ascoltato la messa in un villaggio a valle. Poi ci eravamo messi in viaggio verso le montagne, allo spuntar del sole.
Monastero
Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l'abbazia. Non mi stupirono di essa le mura che la cingevano da ogni lato ma la mole di quello che poi appresi essere l'Edificio.
Complesso dell'abbazia
Era questa una costruzione ottagonale (…) i cui lati meridionali si ergevano sul pianoro dell'abbazia, mentre quelli settentrionali sembravano crescere dalle falde stesse del monte, su cui si innervavano a strapiombo.
Dico che in certi punti, dal basso, sembrava che la roccia si prolungasse verso il cielo, senza soluzione di tinte e di materia, e diventasse a un certo punto mastio e torrione (opera di giganti che avessero gran familiarità e con la terra e con il cielo).
“Il nome della rosa” di Umberto Eco
La storia di questo giallo medievale è ambientata in un non meglio identificato monastero benedettino nel nord-ovest dell'Italia ma ad ispirare lo scrittore fu la Sacra di San Michele, un' imponente costruzione posta sulla vetta del Monte Pirchiriano all'imbocco della Val Susa, a poca distanza di Torino.
Sepolcro dei monaci in primo piano e abbazia sullo sfondo
Visitare il complesso è come seguire le orme del novizio Adso da Melk e di frate Guglielmo da Baskerville aspettandosi di vedere spuntare ad ogni angolo frati silenziosi che si affaccendano nei giardini, nello scriptorium, su e giù per le tante scalinate a capo chino, solo un cenno o un sorriso per salutare i visitatori giunti fino a lì.
In realtà nella Sacra l'atmosfera che si respira è ben diversa dall'abbazia di Eco, ancor prima di affrontare la salita che porta alla chiesa lo sguardo spazia nella vallata sottostante e sui boschi che ricoprono i monti, il respiro si fa più profondo mentre ci si inebria dei profumi della natura circostante e il passo rallenta per gustare ogni attimo e ammirare con calma gli scorci pittoreschi di questo luogo incantato.
Val di Susa con le Alpi Cozie sullo sfondo
Già in epoca romana era presente in zona un castrum utilizzato poi dai Longobardi come presidio contro le invasioni dei Franchi.
Tra il 983 e l'inizio del secolo successivo San Giovanni Vincenzo, vescovo di Ravenna, si ritirò in questa zona per vivere in eremitaggio.
Una delle cappelle primitive
La storia dell'abbazia di San Michele della Chiusa inizia con un'apparizione: l'arcangelo Michele apparve in una visione a san Giovanni Vincenzo chiedendogli di costruire una chiesa a lui dedicata, l'ex vescovo decise di costruire l'abbazia sul monte Caprasio, oggi noto come Rocca Sella. Il santo iniziò la costruzione ma ogni notte il lavoro fatto durante il giorno veniva distrutto e i materiali utilizzati svanivano nel nulla.
Capitello
San Giovanni decise di indagare sulla vicenda e una notte si appostò per scoprire gli autori del furto, immaginate la sorpresa quando scoprì che i ladri erano degli angeli che, col favore delle tenebre e l'aiuto di alcune colombe, trasportavano le pietre e il legno sul monte Pirchiriano. Il santo accolse il suggerimento e spostò la costruzione sull'altra cima. La cappella, avvolta da un grande fuoco fu Consacrata dagli angeli stessi e pertanto prese il nome di Sacra di San Michele a cui era dedicata.
Verso il portale della chiesa
La fonte storica più antica e attendibile, quella del monaco Guglielmo vissuto nel monastero alla fine dell'XI secolo, ci dice, nel "Chronicon Coenobi Sancti Michaelis de Clusa", che la costruzione della chiesa ebbe inizio nel 966 o sotto il pontificato di papa Silvestro II (999-1003).
Portale della chiesa
Tra il 1015 e il 1030 venne costruita la nuova chiesa sopra alla chiesetta originaria, per accedervi bisogna affrontare ora come allora lo Scalone dei Morti chiamato così perché in passato era affiancato da tombe, costruito in pietra verde tra le rocce che affiorano e accompagnano la struttura.
Scalone dei Morti visto dal basso
Il vertiginoso Scalone dei Morti visto dalla Porta dello Zodiaco
(Foto di Valentina Primon)
Superato lo scalone dei Morti si giunge alla porta dello Zodiaco con i capitelli delle colonne decorati da rilievi dei segni zodiacali.
Porta dello Zodiaco, particolare
A metà dell'XI secolo la gestione dell'abbazia fu affidata ai Benedettini che la fecero diventare un sicuro rifugio per le popolazioni della zona e un luogo di ristoro per i tanti pellegrini che passavano dalla Sacra nel loro pellegrinaggio sulla via Francigena.
Dall'impianto dell'antico castrum romano, intorno al 1100, l'abate Ermengardo fece costruire un basamento di 26 metri che dalla base, a picco, raggiunge la vetta del monte incorporata nella chiesa in una delle colonne portanti, l'altezza complessiva arriva così a sfiorare i 1000 metri contro i 962 del monte Pirchiriano.
Navata centrale della chiesa
Chiesa, particolare
All'interno della chiesa troviamo numerose opere d'arte come l'affresco di Secondo del Bosco da Poirino del XVI sec, diviso in tre parti: in basso Gesù adagiato nel sepolcro in un lino “Sindon”, nella parte centrale gli Apostoli intorno al corpo di Maria e Maria assunta in cielo dagli angeli, in alto la SS.Trinità con al vertice lo Spirito Santo in forma di colomba, a sinistra il padre che regge il mondo, a destra il Figlio che tende le mani alla Madre.
Affresco di Secondo del Bosco da Porrino (XVI sec.)
Nel XII secolo venne costruito un nuovo monastero nella parte settentrionale della struttura, con nuove celle, la biblioteca, le cucine, il refettorio e le officine. La costruzione era di cinque piani con muraglioni, archi e pilastri che è possibile ammirare ancora anche se l'edificio è parzialmente distrutto.
Monastero nuovo
All'interno dei muri perimetrali si nota una costruzione edificata nel 1800 sede di una stazione per comunicazioni militari con il sistema del telegrafo ottico.
Stazione militare
Perfettamente conservata è invece l'antica ghiacciaia collocata nel punto più freddo del monastero nuovo ed utilizzata per immagazzinare le derrate alimentari in questa sorta di frigorifero. Dalla botola al centro veniva gettata la neve che, compressa e unita a strati di paglia, formava una massa compatta che permetteva la perfetta conservazione degli alimenti.
Antica ghiacciaia
Sul lato settentrionale si trova un'altra costruzione, la torre della Bell'Alda che racconta un altro avvenimento. Narra la leggenda, ben conosciuta anche oggi in tutta la valle, che durante l'incursione di alcuni mercenari la popolazione si rifugiò nel monastero dove vennero inseguiti dai soldati che uccisero molti degli uomini e violentarono le donne.
Torre della Bell'Alda
Una fanciulla, la Bell'Alda, volendo sfuggire al triste destino che, lo sapeva, le sarebbe toccato per mano della soldataglia che la inseguiva, salì sulla torre e, affidandosi alla Vergine, si lanciò nel vuoto ma fu salvata da due angeli che la soccorsero e la adagiarono al suolo indenne. Passato il pericolo la fanciulla prese a vantarsi del salvataggio miracoloso e davanti ai paesani increduli si tuffò di nuovo dalla torre confidando in un altro intervento divino che stavolta non ci fu, la sua vanità la portò a schiantarsi a terra, un proverbio piemontese dice che il pezzo più grosso che rimase di lei fu un orecchio.
Torre della Bell'Alda
Il passaggio delle truppe francesi e poi l'assedio di Torino portarono ad un graduale decadimento del complesso.
I lavori di restauro e ristrutturazione si succedettero nei secoli fino ai giorni nostri e le alterne vicende politiche videro la Sacra di volta in volta abbandonata o occupata di nuovo. Nel 1622 il complesso venne chiuso togliendo la gestione ai Benedettini, nel 1836 Carlo Alberto di Savoia invitò Antonio Rosmini a stabilirsi nel monastero, i padri rosminiani divennero amministratori dell'abbazia e il re affidò loro la custodia di 24 salme reali di casa Savoia.
Albero Genealogico di Casa Savoia e Carignano con evidenziati i reali traslati dal Duomo di Torino alla Sacra.
Un'altra leggenda che riguarda l'abbazia è quella della Via Angelica o via Michelita. Incredibilmente nel Medio Evo i pellegrini si muovevano e anche tanto, da una basilica all'altra, da un monastero all'altro, da una città all'altra lungo strade che collegavano i principali luoghi di culto. Una di queste strade collega ben sette monasteri dedicati al culto di San Michele Arcangelo .
Via Michelita
La particolarità più evidente è che questi monasteri sono costruiti lungo una direttrice quasi retta che parte dall'Irlanda fino ad arrivare in Israele passando da Gran Bretagna, Francia, Italia e Grecia.
La linea fu tracciata, secondo la tradizione, dal colpo di spada che l'Arcangelo Michele sferrò a Lucifero per rimandarlo all'Inferno, i costruttori della strada si affidarono, invece, alla sola guida delle stelle.
La Sacra inquadrata dal sepolcro dei monaci
I sette santuari della via Michelita o Angelica sono: Skelling Michael su un isolotto in Irlanda, St Michael's Mount su un'isola al largo della Cornovaglia, in Gran Bretagna, Mont Saint-Michel in Normandia, Francia, La Sacra di San Michele in Piemonte, Italia, il Santuario di Monte Sant'Angelo in Puglia, Italia, il Monastero di San Michele sull'isola di Simy, Grecia e il Santuario Stella Maris sul Monte Carmelo in Israele.
Statua in bronzo di San Michele Arcangelo di Paul Moroder, 2005
La Sacra di San Michele è candidata ad entrare a far parte dei siti Unesco dell'ONU, patrimonio dell'Umanità di cui tutti noi siamo chiamati a prendercene cura per preservarli e tramandarli alle generazioni future per i prossimi millenni.
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