Roma, si sa, è ricca di musei che raccontano la sua e la nostra storia. In due di questi musei si trovano due statue in marmo che si crede facessero parte di un unico gruppo scultoreo.
La loro storia parte da lontano, si ipotizza che il celebre scultore Epigonos avesse ricevuto dal re di Pergamo, Attalo I, l'incarico di realizzare una scultura bronzea per celebrare la sua vittoria sui Galati nel 240 a.C. I Galati erano una popolazione celtica che conquistarono il regno di Pergamo.
All'inizio del XVII secolo, durante gli scavi di villa Ludovisi al Quirinale, vennero scoperte due statue in marmo che, in un primo momento, furono considerate due gladiatori, solo in seguito fu avanzata l'ipotesi che potessero essere copie del celebre gruppo bronzeo di Epigonos. Gli studiosi concordano sul fatto che, essendo stati ritrovati dove una volta si trovavano gli Horti Sallustiani appartenuti a Giulio Cesare, probabilmente il condottiero li aveva commissionati per celebrare la sua vittoria sui Galli, popolazione celtica d'Occidente.
Galata morente, Musei Capitolini, Roma
Galata suicida, Palazzo Altemps, Roma
Le due sculture, il Galata morente e il Galata suicida, si trovano ora presso i Musei Capitolini il primo e a Palazzo Altemps il secondo.
Piazza del Campidoglio e Musei Capitolini, Roma
Palazzo Altemps, cortile interno, Roma
Entrambi nudi a parte un mantello che ondeggia libero sulle spalle del Galata suicida, con la stessa pettinatura, i lineamenti marcati, i baffi, le armi simili, uno che si accascia lentamente per la ferita riportata al costato, l'altro che si dà deliberatamente la morte mentre sorregge il corpo della moglie esanime.
Eppure non sono statue di nemici sconfitti, rappresentano il coraggio, la forza, la potenza che guizza nei muscoli perfettamente delineati.
Galata morente
Galata suicida
La posizione del Galata morente non permette di scorgerne il volto che appare accigliato, concentrato nella fatica di arrendersi all'inevitabile e mentre lo guardi pensi ad un atleta sfinito dopo una vittoria non ad un uomo in punto di morte perché tutto in lui inneggia alla forza e alla vitalità. La ferita al torace che ancora stilla sangue racconta, però, un'altra storia.
Galata morente, particolare
Galata morente, particolare
Il Galata suicida dichiara, invece, apertamente, la sua resa non si sa se al nemico vittorioso o al dolore per la moglie morta, si trafigge con la daga ma ancora trova la forza per sorreggere il corpo della donna, il volto, così simile a quello dell'altra statua, è rivolto in alto in un sguardo cieco diretto, forse, alle sue divinità.
Galata suicida, particolare
Durante la campagna d'Italia il generale Napoleone Bonaparte decise che la statua del Galata morente dovesse andare ad aggiungersi al bottino di guerra in partenza per Parigi. La statua fu trasportata in Francia ed esposta per l'inaugurazione del Musée Central des Arts e lì rimase fino a quando il congresso di Vienna non ne decise la legittima restituzione grazie anche all'interessamento di Antonio Canova. Da allora la scultura si trova ai Musei Capitolini in una sala appositamente dedicata.
E da quella sala, insieme al Galata di palazzo Altemps, i due guerrieri continuano a raccontare la loro storia vissuta quando gli antichi greci e romani misuravano il proprio valore in base al valore del nemico, più il nemico era forte, coraggioso, combattivo più era un onore sconfiggerlo, per questo le due statue rappresentano guerrieri valorosi, popoli valorosi, sconfitti, battuti, vinti sì ma con onore per entrambi le parti.
Galata morente
Galata suicida