
È iniziata l’ultima giornata del lungo periodo di isolamento che ha visto dieci giovani vivere insieme in una bella villa sui colli toscani per sfuggire all’epidemia di peste che infuriava a Firenze.
Siamo nel 1348, a Firenze, devastata dalla peste, nella chiesa di Santa Maria Novella, si incontrano sette fanciulle, Pampìnea, Elissa, Neìfile, Lauretta, Emilia, Filomena e Fiammetta, che decidono si ritirarsi in una villa in campagna non tanto per sfuggire la malattia ma per trascorrere lietamente i giorni che ancora sperano di vivere.
Basilica di Santa Maria Novella – Firenze
Mentre loro chiacchierano analizzando i problemi a cui dovranno far fronte entrano nella chiesa tre giovani, Filostrato, Panfilo e Dionéo, che vengono invitati a far parte della brigata e così il giorno dopo partono e si recano nella villa che, vasta com’è, permette ad ognuno di loro di avere il proprio spazio.
Panorama di Firenze dal belvedere di Piazzale Michelangelo – Firenze
I giovani impiegano le giornate ciarlando tra di loro, suonando e ballando, facendo lunghe passeggiate nei giardini della villa e raccontandosi novelle, a turno ognuno di loro narra una storia che si attenga al tema dato dal re o dalla regina che viene designato ogni giorno.
L’autore del libro “Decameron”, dal greco déka, dieci, ed hèméra, giorno, in pratica dieci giorni, in realtà i giovani rimangono nella villa quindici giorni ma dieci sono i giorni dedicati all’ ascolto delle novelle, è Giovanni Boccaccio nato a luglio del 1313 a Certaldo o forse a Firenze da una relazione extraconiugale, con una donna di umili origini di Certaldo, del padre Boccaccio di Chielino già sposato con Margherita de’ Mardoli imparentata con la Beatrice di Dante.
Ritratto di Dante Alighieri – Cappella del Bargello – Firenze
Nel 1327 Boccaccio padre si trasferisce a Napoli con tutta la famiglia e da lì a poco viene nominato consigliere e ciambellano del re Roberto d’Angiò, in questo modo Giovanni entra a far parte di una corte raffinata e colta dove incontra, tra gli altri, Cino da Pistoia docente di diritto, grande civilista e poeta, amico di Dante. In questo modo inizia la passione di Giovanni per la letteratura e l’ammirazione per Dante e le sue opere che lo porterà ben lontano dalla pratica mercantile e bancaria a cui il padre lo aveva avviato. In quel periodo comincia a scrivere sia in latino sia in volgare continuando, però, a prestare servizio presso il banco commerciale dove ascoltava le storie fantastiche o di viaggio dei mercanti, sarà questo mondo immaginifico a comporre la cornice narrativa del Decameron.
Castel Dell’Ovo – Napoli
A Napoli Boccaccio conoscerà Fiammetta il cui nome si ipotizza potesse essere Maria D’Aquino, figlia illegittima di Roberto d’Angiò, e sarà Fiammetta a diventare quell’ideale di donna ispiratrice e consolatrice che lo Stil Novo voleva accanto al poeta o scrittore, un ideale che anche Dante e Petrarca avevano incontrato nelle sembianze di Beatrice Portinari il primo e, forse, di Laura de Noves il secondo.
Chiesa di Santa Margherita de’ Cerchi – Firenze – Tomba di Beatrice
Ma, mentre Beatrice e Laura sono creature paragonate agli angeli e come tali descritte dai loro innamorati che vi ritrovano tutte le qualità e le bellezze auspicabili in una donna, Fiammetta si fa ella stessa portavoce dei suoi sentimenti. Ne l’ ”Elegia di Madonna Fiammetta “, scritta da Boccaccio dopo aver ricevuto la notizia della morte della sua amata, è Fiammetta che parla e racconta ad altre donne la sua triste storia e sarà Fiammetta la protagonista di altri suoi componimenti come nel Decameron in cui una delle fanciulle avrà proprio il nome dell’amata.
Castello di Roccabianca – Parma
Intanto lo scrittore era tornato a Firenze, richiamato dal padre per gravi problemi economici anche se per tutta la vita cercherà di tornare a vivere a Napoli senza mai riuscirvi. In quel periodo in Europa infuriava la peste nera e tra il 1347 e il 1348 il terribile morbo contagiò la maggior parte della popolazione di Firenze causando la morte di molti amici, del padre e della matrigna di Boccaccio; proprio durante questo tragico periodo lo scrittore iniziò la stesura della sua opera più nota.
Il Decameron, strutturato in dieci giornate, aveva ogni giorno un tema da rispettare, il tema dell’ultimo giorno è quello della cortesia e della magnanimità nelle vicende amorose ma la narrazione di quest’ultima novella è affidata a Dionèo, il più irriverente e impudico dei dieci narratori che si libera del tema della cortesia e racconta una storia dalle molteplici interpretazioni che porta il lettore ad oscillare tra lo sdegno e la pietà.
La novella ebbe comunque notevole successo, lo stesso Petrarca la tradusse per Boccaccio in latino con il titolo “De insigni obedientia et fide uxoria” (L’insigne obbedienza e la fedeltà di una moglie) e spesso la storia veniva utilizzata per affrescare le camere nuziali o decorare altri oggetti presenti nella dote nuziale. È questo il caso della bellissima Camera di Griselda che si trova nel Museo dei Mobili e delle Sculture Lignee nel Castello Sforzesco.
Volta della Sala di Griselda- Castello Sforzesco – Milano
Le 24 scene erano originariamente nel castello di Roccabianca in provincia di Parma, da dove furono asportate nel 1897, a Roccabianca tra il 1997 e il 1999 furono riprodotte esattamene dal pittore Gabriele Colzetti.
Secondo quanto racconta Goffredo della Chiesa nella sua “Cronaca di Saluzzo”, nel castello di Pavia esisteva una sala interamente affrescata con la storia di Griselda visibile fino al 1466 quando Francesco Sforza fece ridecorare l’intera sala che però era stata fatta copiare fedelmente, tra il 1458 e il 1464, da Pier Maria Rossi, conte di San Secondo, nel suo nuovo castello di Roccabianca così chiamato in onore di Bianca Pellegrini da lui amata.
Castello di Roccabianca – Parma – Torrione di Sud-Est – Finestra della Camera Picta con la Storia di Griselda
Le scene rappresentate, decorate in tonalità monocrome utilizzando terre verdognole quasi sicuramente per risparmiare su pigmenti più preziosi, oltre a raccontare la storia di Griselda rappresentano una testimonianza diretta delle abitudini, modi di essere, di vestirsi e anche di passare il tempo propri del 1400.
Sala di Griselda – Castello Sforzesco – Milano – Giochi
Nella novella Dionèo racconta di come il marchese Gualtieri di Saluzzo non si decide a sposarsi nonostante l’insistenza dei suoi cortigiani che vorrebbero un erede a garantire la continuità del casato.
Gualtieri riceve i cortigiani
Alla fine Gualtieri cede alle insistenze e parte con tutta la sua corte alla ricerca della sposa. La sua scelta cade su una fanciulla, figlia di un contadino poverissimo.
Incontro di Gualtieri con Griselda
Il nobile va a parlare con Giannùcolo, il padre della ragazza e poi fa approntare un magnifico corredo per la futura sposa comunicando alla sua corte che ha deciso di ammogliarsi non perché ne avesse voglia ma solo per accontentare le loro richieste e per evitare che qualcuno possa essere ritenuto responsabile di una scelta poco felice sarà lui a decidere chi sarà la sua sposa.
Il giorno delle nozze si recano dunque tutti alla casa della fanciulla che accetta di prendere per marito il marchese che, dopo averla interrogata sulla sua obbedienza, la fa spogliare completamente e poi la riveste con i ricchi ornamenti che le aveva fatto preparare.
Gualtieri fa denudare Griselda davanti a tutta la corte
Dopo il matrimonio Gualtieri si rende subito conto di quanto sia fine ed elegante la moglie ed anche docile e obbediente ai voleri del marito.
Celebrazione del matrimonio tra Griselda e Gualtieri
Da lì a poco Griselda dà alla luce una bimba accolta con grandi feste da tutti al castello
Nascita della figlia
ma il marchese pensa di mettere alla prova la pazienza di Griselda con nuove prove ed inizia a maltrattarla dicendole che i suoi uomini erano scontenti della sua scelta, che lei era di origini troppo umili e che il fatto che avesse dato al marito una femmina invece del desiderato maschio era un ulteriore motivo di malcontento.
La moglie in risposta gli dice che lei accettava tutte le sue decisioni perché sapeva bene che le sue origini era le più umili di tutti gli abitanti del castello. Gualtieri è contento della risposta ma dopo un po’ di tempo manda da Griselda un suo famiglio che avrebbe dovuto prendere in consegna la bambina, dal tono e dall’ansia dell’uomo Griselda capisce che il marito gli aveva dato ordine di uccidere la figlia e nonostante ciò, dopo averla baciata e benedetta, gliela consegna pregandolo solo di non abbandonare il suo corpo agli animali a meno che non fosse una precisa richiesta del suo signore.
Griselda consegna la figlia al messaggero
Udita la risposta della moglie il marchese ordina al suo uomo di portare la bambina a Bologna da un suo parente senza dirgli di chi lei fosse figlia ma solo che l’allevasse e la educasse.
Passato qualche tempo di nuovo Griselda rimane incinta e questa volta dà alla luce il sospirato maschio ma neanche stavolta il marchese si dimostra contento.
Nascita del secondo figlio
Recatosi dalla moglie le dice che i suoi sudditi mal tollerano che il nipote di Giannucolo sarebbe diventato in futuro il loro signore e pertanto lui ha deciso di risposarsi con una fanciulla degna di lui. Anche questa volta Griselda accetta la decisione del marito e quando questi manda a prendere il figlio lo consegna senza protestare.
Griselda consegna il secondo figlio al messaggero del marito
Anche il maschietto viene mandato a Bologna senza che nessuno fosse al corrente che erano vivi, anzi tutti lo consideravano crudele e provavano compassione per la disgraziata madre unica a non criticare le azioni del consorte.
Dopo un ulteriore periodo di tempo l’uomo comunica ai suoi sudditi e alla moglie che avrebbe chiesto una dispensa al papa per annullare il matrimonio e prendere una nuova moglie la qual cosa rende assai triste l’attuale moglie che pure non dice una parola di rimprovero all’amato consorte.
Arrivano le lettere del papa che Gualtieri aveva contraffatto e, davanti a tutti, comunica a Griselda che il papa gli dava facoltà di ripudiare la moglie che sarebbe tornata a casa del padre solo con la dote che gli aveva portato.
Gualtieri ripudia la moglie davanti ai suoi cortigiani
Trattenendo a fatica le lacrime la sposa rinnegata risponde al marito dicendo che lei aveva sempre considerato tutto quello che lui le aveva dato non come una sua proprietà ma come un prestito e quindi era pronta a restituirgli tutto a cominciare dall’anello con cui l’aveva sposata e che lei ricordava anche che era andata da lui completamente nuda e se lui voleva che quel corpo che gli aveva dato due figli fosse veduto da tutti sarebbe andata via ignuda ma, come premio per la verginità che gli aveva portato come unica dote e che non si riportava indietro, chiedeva solo una camicia per coprirsi.
E così Griselda lascia la casa del suo sposo dove aveva vissuto tredici anni facendosi amare da tutti coloro che vivevano là, con la sola camicia a coprirle il corpo, scalza e senza nulla in testa e arrivata a casa del padre riveste i panni che aveva lasciato il giorno del matrimonio e che il buon Giannucolo aveva conservato non sembrandogli vero che il marchese potesse tenersi la sua figliola in moglie.
La sposa cacciata di casa dal marito riprende la sua vita nella povera abitazione del padre facendo i mestieri come sempre soleva fino a quando il marchese non comunicò di aver trovato una fanciulla che voleva prendere in moglie e mandò a chiamare Griselda che prontamente accorre da lui che le comunica le sue intenzioni e le ordina di restare al castello per preparare degnamente le stanze per la novella sposa, perché solo di lei si fida, per tornare poi a casa del padre dopo il matrimonio.
Gualtieri richiama al castello Griselda
Griselda si dedica allora a ripulire le stanze e ad organizzare tutto per il matrimonio e quando arrivò il giorno delle nozze Gualtieri mandò a dire al suo parente che aveva allevato i due fanciulli ormai di dodici anni lei e di sei l’altro, di portarli da Bologna al suo castello insieme a tutti quelli che lui voleva con sé dicendo, a chi chiedesse, che la fanciulla era la sua promessa sposa.
Ed arrivati al castello di Saluzzo i due fanciulli furono accolti con tutti gli onori da Griselda unica tra tutti a presentarsi con i suoi poveri panni da pastorella nonostante le preghiere dei sudditi di Gualtieri perché le risparmiasse quella umiliazione.
Arrivo da Bologna del corteo con i due fanciulli accolti da Griselda
Il marchese, finalmente convinto della pazienza della sua donna e sapendo quanto fosse amareggiata anche se non lo dava a vedere le chiese cosa ne pensasse della fanciulla giunta da Bologna e alla domanda Griselda rispose che lei della sposa pensava ogni bene e che se era savia quanto era bella lui avrebbe trovato in lei grande gioia ma lo pregava di non dare a lei i dispiaceri che aveva dato all’altra perché non sapeva se la nuova moglie sarebbe stata in grado di sopportarli sia per la giovanissima età sia perché era stata allevata negli agi mentre l’altra fin da piccola aveva faticato.
Gualtieri va a caccia della sposa
Solo a quel punto Gualtieri la fece sedere accanto a sé e le rivelò che per la propria tranquillità l’aveva sottoposta a quelle prove ma che la fanciulla che lei credeva sua promessa altri non era che loro figliola e il maschio era il suo erede che tutti credevano avesse fatto uccidere e che lui era sempre suo marito e nessun altro avrebbe mai potuto vantarsi più di lui della propria moglie. Solo a quel punto Griselda cominciò a piangere dalla gioia, le sue donne la portarono nelle sue stanze e la rivestirono con i suoi indumenti più preziosi per tornare nella sala dove tutti continuarono a festeggiare i due sposi e i loro figlioli tornati a casa.
Gualtieri spiega a Griselda i suoi inganni
A questo punto Boccaccio, per bocca di Dionèo, afferma: “Che si potrà dir qui, se non che anche nelle povere case piovono dal ciel de’ divini spiriti, come, nelle reali, di quelli che sarien più degni di guardar porci che d’avere sopra uomini signoria?” ovvero: la conclusione alla quale siamo giunti è che anche nelle case più umili possono nascere grandi ingegni così come nelle case nobili possono nascere individui che sarebbero più degni di fare i guardiani di maiali che non essere i signori e padroni di altri uomini, in una chiara condanna alle mancanze del marchese di nobili natali verso una pastorella che sa comportarsi con maggior signorilità e raffinatezza del suo signor marito, che il narratore accusa di “matta bestialità”, e che avesse voluto, uscita di casa del marchese vestita solo da una camicia, avrebbe potuto trovare subito chi era pronto ad accoglierla e a ricoprirla di doni.
Gualtieri accompagna amorevolmente la sposa al suo castello
Ma la sferzata contro la mite accettazione di Griselda, che si collega forse alla personale vicenda del Boccaccio portato via ancora bambino alla madre che non aveva potuto ribellarsi in alcun modo alla decisione del padre di Giovanni, viene da Fiammetta che, invitata a cantare per chiudere quel periodo di isolamento, il giorno dopo i dieci giovani torneranno a Firenze, nell’ultima strofa del suo canto mette sull’avviso le donne alle quali è diretta la canzone, ma il monito può essere esteso a qualsiasi altra persona, dicendo che chiunque oserà mai recarle oltraggio con parole, gesti o moine volti a danneggiarla, se lo saprà gli farà piangere amaramente quella follia.
Fiammetta non ha nulla in comune con Griselda perché alla mite accettazione della sposa torturata di Gualtiero lei mette sull’avviso chi volesse farle del male prima ancora di averlo ricevuto.
Sono trascorsi 650 anni dalla morte di Giovanni Boccaccio, spentosi a Certaldo il 21 dicembre 1375, e in tutti questi secoli sono esistite figure patriarcali che si credono padroni delle loro compagne o figlie e che vanno ben oltre le torture psicologiche di Gualtieri e che, ancora oggi, arrivano a privarle dei sogni, della libertà, della vita.
Leggendo questa novella il pensiero va a tutte le donne di qualsiasi età che ogni giorno vengono barbaramente trucidate dai loro compagni o padri, va a tutte le donne che sono discriminate solo perché donne, va a quelle che continuano a ribellarsi e a lottare per la propria dignità e indipendenza ma va anche a tutti gli uomini che si schierano accanto a loro pronti a difenderle non perché le donne siano più deboli ma perché è giusto farlo, che si assumono i propri impegni non per aiutarle ma per essere alla pari, che le amano non per la bellezza effimera ma per la forza, l’intelligenza, la dolcezza e la capacità di amare.
Se tutti gli uomini fossero così quanto sarebbe più bello il mondo!
L’Arno di notte – Firenze