C’era una volta, lontano lontano, un vecchio Castello…
3 settimane ago Clementina Levato
Si erge maestoso tra via Dante e i giardini di Corso Sempione, davanti una fontana con i suoi getti d’acqua che danzano nel sole, all’interno delle mura possenti torri e merlature, cortili e scalinate e opere d’arte a profusione.
Torre Falconiera
Stiamo parlando del Castello Sforzesco a Milano costruito su una struttura romana preesistente, sede della corte ducale dei Visconti prima e degli Sforza poi, utilizzata come caserma e come deposito, più volte danneggiato ed ogni volta ricostruito, legato a Milano da un rapporto di amore e odio perché considerato, per le sue vicissitudini, più un luogo di oppressione che non di prestigio ma che oggi, nella ricostruzione più vicina possibile alla struttura originale del 1300, racchiude al suo interno gioielli di inestimabile valore nei suoi tanti musei.
Cappella Ducale
Nell’area occupata oggi dal castello si trovava, nella Mediolanum romana, il Castrum Portae Jovis, una delle quattro fortificazioni della città. Il Castrum Portae Jovis, quando Milano divenne capitale dell’Impero romano d’Occidente, nel 286, ebbe anche la funzione di Castra Praetoria cioè caserma dei pretoriani, il corpo d’élite che aveva il compito di guardia del corpo dell’imperatore che in quegli anni era Diocleziano, soprannominato Giovio, e dal quale prendeva il nome Porta Giovia, l’antico ingresso della cinta delle mura romane.
Corte d’Armi con la torre del Filarete
Sul castrum fu costruito il Castello di Porta Giovia.
Tra il 1360 e il 1370 Galeazzo II Visconti fece costruire una rocca a cavallo della cinta medievale inglobando anche la porta d’accesso ai camminamenti di ronda di Porta Giovia.
Fossato morto con basamento in pietra grigia di serizzo risalente alla rocca viscontea
Il successore Gian Galeazzo fece aggiungere nel 1392 gli edifici per alloggiare le truppe, le due parti furono fatte collegare da Filippo Maria, l’ultimo dei Visconti che morì senza lasciare eredi legittimi. Bianca Maria, l’unica figlia legittimata dall’imperatore Sigismondo, nel 1441 divenne la sposa del condottiero romagnolo Francesco Sforza.
Cortile della Rocchetta con la torre di Bona
Alla morte di Filippo Maria, nel 1447, i Milanesi proclamarono la Repubblica Ambrosiana e danneggiarono la residenza dei duchi considerata il simbolo del potere dei signori della città.
Francesco Sforza, abile condottiero e raffinato politico, chiamato da Filippo Maria Visconti a difendere la città dai veneziani, assediò Milano riuscendo a farsi accogliere dai milanesi come liberatore. Il 25 marzo 1450 Francesco Sforza e la sua sposa Bianca Maria Sforza furono acclamati dal popolo come Signori di Milano.
Portico della Rocchetta, Sole Raggiante
Avendo ben noti i sentimenti della città verso il Castello, il nuovo duca lo fece ricostruire affermando di farlo per abbellire la città e per difenderla dai nemici. Tra gli ingegneri militari fu chiamato anche un architetto fiorentino, Antonio Averulino detto il Filarete dal quale prenderà il nome la torre mediana chiamata anche oggi Torre del Filarete.
Torre del Filarete
Anche il successore di Francesco, Galeazzo Maria continuò nell’opera di completamento ed arricchimento del castello e nel 1468 il primogenito di Francesco e Bianca si trasferisce nel castello con la moglie Bona di Savoia, cognata del re di Francia Luigi XI, e la sua corte.
In quegli anni viene completata la Rocchetta e la Corte Ducale, affrescate le sale, costruita e decorata la Cappella Ducale.
Cortile Ducale e Loggetta di Gian Galezzo Maria
Nel dicembre del 1476 Galeazzo Maria muore per una congiura, Bona assume la reggenza perché il figlio, Gian Galeazzo Maria, era ancora piccolo, si ritira nella Rocchetta, la parte più sicura del Castello perché costruita per contenere i tesori della casata e fa erigere la torre centrale, detta ancora oggi Torre di Bona, da dove sorvegliare quello che avveniva all’interno delle mura. Tanta sicurezza non servì a molto, la storia, o meglio il cognato, decise altrimenti.
Torre di Bona e mura esterne della Rocchetta
Ludovico Maria, detto il Moro, fratello minore di Galeazzo si appropria del potere con la scusa che il nipote è troppo piccolo per diventare il Signore di Milano ed esilia Bona. Ludovico, colto, appassionato di arte, chiama a corte Leonardo da Vinci, Donato Bramante, Bartolomeo Suardi detto il Bramantino ed altri artisti per rendere sempre più elegante e sfarzoso il Castello.
Bartolomeo Suardi detto Bramantino – Compianto
Leonardo arriva a Milano nel 1482 come inviato di Lorenzo il Magnifico per partecipare ad una sorta di concorso come musico. Secondo alcune testimonianze non provate Leonardo si presenta con una lira costruita con un vero teschio di cavallo al quale aveva aggiunto le corde per il suono.
Piero Parravicini – Lira – 1924
Che sia vero o meno l’aneddoto Leonardo diventa di fatto l’artista di corte, nella lettera di presentazione al Moro, il primo curriculum della storia, conservata nel Codice Atlantico nella Biblioteca Ambrosiana l’artista parla di sé come del migliore esperto d’armi e di acque sulla piazza, ingegnere ed architetto. Nell’ultimo dei dieci punti contenuti nel curriculum accenna al fatto di essere in grado di eseguire qualsiasi opera sia in forma di scultura in marmo, bronzo e terracotta sia in forma pittorica e promette la realizzazione di un cavallo di bronzo in memoria del padre di Ludovico, Francesco Sforza.
Per dimostrare la sua assoluta sincerità si dichiara pronto a dare dimostrazione pratica delle sue capacità.
Leonardo da Vinci – Ritratto di Musico (Pinacoteca Ambrosiana-Milano)
Come artista di corte Leonardo lavorò al Castello Sforzesco per quasi vent’anni destreggiandosi come poeta, musicista, pittore, inventore e scenografo e come tale per i festeggiamenti del matrimonio di Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d’Aragona tenutesi il 13 gennaio 1490 rappresentò il Paradiso che il poeta Bernardo Bellincioni descrisse in questo modo:
“V’era fabbricato, con il grande ingegno et arte di Maestro Leonardo da Vinci fiorentino, il paradiso con tutti li sette pianeti (anche la Luna era considerata un pianeta) che giravano e li pianeti erano rappresentati da homini”.
Carlo Antonio Grue – Placca con Trionfo di Bacco e Arianna – Maiolica
In un altro documento conservato nella Biblioteca Estense Universitaria di Modena si legge: “El Paradiso era facto a similitudine de uno mezzo uovo, el quale dal lato dentro era tottu messo a horo, con grandissimo numero di lumi ricontro le stelle, con certi fessi dove stava li sette pianeti, secondo el loro grado alti e bassi. A torno l’orlo de sopra del dito mezo tondo era li XII signi (segni zodiacali), con certi lumi dentro del vedro, che facevano un galante et bel vedere: nel qual Paradiso era molti canti ed soni molto dolci e suavi”.
Chitarre
Indubbiamente la messa in scena fu davvero d’effetto, purtroppo per noi non ci sono giunte prove materiali o rappresentazioni della scenografia e dei meccanismi che la facevano ruotare ma di Leonardo a Castello Sforzesco è rimasta come straordinaria testimonianza la meravigliosa Sala delle Asse.
Leonardo da Vinci – Soffitto della Sala delle Asse
Nel 1497 muore di parto l’amatissima moglie di Ludovico, Beatrice d’Este, e il duca interrompe i lavori di abbellimento del Castello anche perché si avvicinano le truppe francesi e quindi è più importante provvedere ad approntare le difese e a rifornirsi di viveri, munizioni e armi. Per paura di una rivolta popolare Ludovico si rifugia presso la corte di Massimiliano I d’Asburgo, nel 1500 riconquista Milano, viene fatto prigioniero e portato in Francia dove morirà nel 1508.
Cortile interno con fontana
Nel 1499 il Castello cade in mano ai Francesi, inizierà una lunga lotta tra francesi, imperatore germanico e Sforza per il predominio sul Ducato di Milano. Nel 1521, durante la dominazione francese, la torre del Filarete, adibita a deposito munizioni, scoppia causando numerosi danni alle strutture murarie. Francesco II Sforza torna al potere e il Castello sarà il palcoscenico dove saranno festeggiate le nozze tra Francesco, secondogenito di Ludovico il Moro, e Cristina, figlia del sovrano di Danimarca.
Torre del Filarete dalle Merlate
Il matrimonio sarà l’ultima fastosa cerimonia tenuta all’interno del castello che non sarà più utilizzato come dimora signorile. Alla morte dell’ultimo Sforza il Ducato sarà lasciato in eredità all’imperatore di Spagna Carlo V.
Giovanni Antonio Canal detto Canaletto – Il Molo verso la riva degli Schiavoni con la colonna di San Marco
Sotto il dominio spagnolo il castello diventerà una vera e propria fortezza con una cinta a stella a dodici punte e ospiterà nelle sale che avevano visto le rappresentazioni di Leonardo una vasta guarnigione.
All’interno della cinta muraria troveranno posto una farmacia, un ospedale, una panetteria, due forni, un’osteria, una “nevera” per conservare il ghiaccio, due chiese e vasti depositi. Saranno i milanesi a fornire i fondi per i lavori e il mantenimento della guarnigione.
Di questo periodo rimane l’ospedale spagnolo e vari stemmi e insegne in alcune sale del Museo di Arte Antica e quanto scrive Alessandro Manzoni nei suoi “Promessi Sposi”.
Ospedale Spagnolo
Nel 1706 Eugenio di Savoia conquista Milano per l’Imperatore Giuseppe I d’Asburgo, la dominazione austriaca vedrà il graduale ed inarrestabile declino della magnificenza del Castello, unica testimonianza lasciata dagli austriaci la statua di San Giovanni Nepomuceno, santo boemo protettore degli eserciti d’Austria.
Statua di San Giovanni Nepomuceno
Il 9 maggio 1796 l’Arciduca Ferdinando I d’Austria abbandonò Milano alle armate di Napoleone Bonaparte che a fine giugno conquistarono il Castello che divenne definitivamente una caserma con la Cappella Ducale adibita a stalla.
Cappella Ducale – Madonna con il Bambino su mensola
Dopo la sconfitta di Napoleone e la costituzione del Regno Lombardo Veneto gli austriaci, nel 1815, tornano a Milano e ne deterranno il potere fino al 1848, durante le Cinque Giornate (18-22 marzo) nel castello vengono detenuti i milanesi arrestati e dal castello il generale Radetzky fa bombardare la città. Quando le truppe asburgiche si ritirano nel castello vengono trovati ammassati i cadaveri di numerosi uomini e donne, per i quattro mesi successivi la città sarà in mano ai milanesi che svuoteranno il castello di armi, suppellettili e denaro.
Agnolo Allori, detto Bronzino – Ritratto di Lorenzo Lenzi
Con l’Unità di Italia si cercarono varie soluzioni per l’utilizzo del Castello, alla fine fu deciso di riportarlo all’antico aspetto con l’aiuto di una sottoscrizione pubblica dell’intera cittadinanza milanese. Il castello, grazie all’impegno del direttore dei lavori Luca Beltrami, torna allo splendore del passato e diventa un centro culturale e un polo museale che è, tuttora, il fiore all’occhiello della città.
Ceramiche
Per visitare il Castello arrivando da Corso Dante un ingresso ad effetto lo garantisce la Porta del Filarete o di Umberto Primo che si intravvede già da lontano tra gli zampilli della bella fontana posta in Piazza Castello, costruita nel 1936 in occasione della visita di Mussolini, smontata nel 1959 per i lavori della metropolitana, nel 1999 ne fu realizzata una nuova uguale all’originale. La Torre del Filarete fu costruita su progetto dell’architetto fiorentino Antonio Averulino detto il Filarete, tra questi e gli altri costruttori milanesi ben presto si crearono dissidi a causa dell’arroganza del fiorentino che considerava i colleghi meneghini semplici muratori, due anni dopo i lavori continuarono sotto la direzione dell’architetto militare Bartolomeo Gadio.
Giovanni Bellini – Ritratto del poeta Raffaele Zovenzoni (Il poeta laureato)
All’incirca dopo un secolo la torre, utilizzata come deposito di polvere da sparo esplose, fu ricostruita nei primi anni del 900 grazie alle meticolose ricerche dell’architetto Luca Beltrami che riuscì a ritrovare informazioni su documenti e fonti iconografiche risalenti all’epoca della sua costruzione.
Filippo Lippi – Madonna con il Bambino, santi e angeli (Madonna Trivulzio)
Nel 1905 la Torre venne inaugurata e fu dedicata a re Umberto I ucciso a Monza nel 1900, Beltrami inserì un orologio in un sole raggiante ispirato agli stemmi sforzeschi, la statua di Sant’Ambrogio scolpita da Luigi Secchi che eseguì anche il bassorilievo di Umberto I a cavallo in marmo di Scandoglia, la stessa cava da dove provengono tutti i marmi del Duomo.
Luigi Secchi – Bassorilievo di Umberto I
Oltrepassata la Torre si entra nel Cortile delle Armi, nell’ampia piazza si gode della visione delle mura con le merlate, della Torre di Bona, a sinistra l’ospedale Spagnolo e la Porta di Santo Spirito e a destra Porta del Carmine.
Torre di Santo Spirito
Di fronte alla Torre del Filarete Porta Giovia dà l’accesso all’area dei musei che si susseguono uno all’altro così troviamo il Museo d’Arte Antica che raccoglie sculture provenienti da scavi, chiese e residenze private relative ai secoli tra il V e il XVI di artisti lombardi e toscani. Il percorso si snoda tra le sale degli appartamenti ducali fatti decorare da Galeazzo Maria Sforza come la Cappella Ducale e Ludovico il Moro che commissionò a Leonardo la meravigliosa Sala delle Asse.
Soffitto di una delle sale del Castello
Purtroppo questo capolavoro di Leonardo da Vinci è da anni in restauro e quindi è possibile solo dare uno sguardo al meraviglioso soffitto che riproduce la volta di un bosco di gelsi. Leonardo iniziò i lavori nell’aprile del 1498 promettendo di finirli entro settembre. Il pergolato di Morus, il nome latino del gelso, è un omaggio alle virtù di Ludovico Maria Sforza detto il Moro.
Stemma del Castello
In ogni sala si trova un segno lasciato dai Signori di Milano o delle occupazioni francesi, spagnole ed austriache che si sono succedute nei secoli.
Spiccano tra tanti capolavori il monumento a Bernabò Visconti del 1300
e il monumento funebre di Gaston de Foix scolpito dal Bambaia tra il 1517 e il 1522.
Nell’Armeria si susseguono armi bianche, da fuoco ed armature, la ricostruzione in 3D di Ludovico il Moro a cavallo troneggia nella sala e intorno alla pedana è raccontata la qualità del lavoro degli armaioli milanesi le cui armature erano ricercate in tutte le corti d’Europa al punto da avere un proprio marchio, oggi diremmo di origine controllata e garantita.
Ricostruzione in 3D di Ludovico il Moro
In una delle sale è esposto il Gonfalone della città di Milano con l’effige di Sant’Ambrogio e un numero notevole di altre opere sono disseminate per tutto il piano.
Gonfalone di Milano
All’uscita dal Museo d’Arte Antica ci si trova nella Corte Ducale con al centro una lunga vasca dove si specchia il castello, in realtà la vasca non c’era al tempo degli Sforza, è stata aggiunta duranti i lavori di restauro dal Beltrami, nel portico in fondo è ancora visibile l’affresco che rappresenta un elefante, si racconta a memoria del dono fatto da Borso d’Este signore di Ferrara alla famiglia Sforza. Sulla corte si apre una scalinata che sale al primo piano dell’edificio, i gradini bassi servivano per agevolare i cavalli che potevano salire fino alla Loggetta di Galeazzo Sforza.
Portico dell’Elefante
Al primo piano si trova il museo dei mobili e delle sculture con dei pregevoli manufatti compreso un Maggiolini.
Stipo Passalacqua
Una sorpresa è rappresentata dalla ricostruzione della camera da letto padronale del Castello di Roccabianca, in provincia di Parma, eretto da Pier Maria de’ Rossi per l’amatissima moglie Bianca Pellegrini dalla quale prende il nome.
Castello di Roccabianca (Parma)
Gli affreschi della camera degli sposi raccontano la storia di Griselda narrata da Boccaccio nell’ultima novella del Decameron.
Storie di Griselda
Già è gran tempo fu tra’ Marchesi di Saluzzo,
il maggiore della casa, un giovane chiamato Gualtieri,
il quale, essendo senza moglie e senza figlioli,
in niuna altra cosa il suo tempo spendeva,
che in uccellar et in cacciare, né di prendere moglie,
né di aver figlioli alcun pensiere avea;
di che egli era da riputar molto savio.
Giovanni Boccaccio, Decameron
Camera di Griselda
Nella sua centesima novella Boccaccio racconta di come una povera contadina andò in sposa a Gualtieri, signore di Saluzzo che la sottopose ad una lunga sequenza di torture psicologiche che lei affrontò con dignità dimostrando sempre lealtà e fedeltà al crudele consorte.
Camera di Griselda
Le pitture originali furono rimosse nel 1897 e trasferite nel Castello Sforzesco dove è possibile ammirarle. Il ciclo di affreschi è completato dal cielo dove sono rappresentati i segni zodiacali, i pianeti ed altro che rendono difficile l’interpretazione del significato anche perché non corrispondono al cielo dell’epoca.
Soffitto della camera di Griselda
La pinacoteca è ricca di opere di Mantegna, Bellini, Lotto, Correggio, Tintoretto, Canaletto oltre a valenti pittori lombardi come Foppa, Bramantino, Luini e a rappresentanti dell’arte veneta, fiamminga e olandese.
Andrea Mantegna – Madonna in gloria e santi Giovanni Battista, Gregorio Magno, Benedetto e Gerolamo
Nel Museo delle arti figurative si trovano un’ampia raccolta di ceramiche italiane dal Rinascimento al ‘900 e gli Arazzi Trivulzio del 1500 su disegni del Bramantino.
Maestro Campionese – Madonna col Bambino, 1310-1320 circa
Il Museo delle Arti Decorative ha una sezione dedicata ai vetri d’arte mentre nel Museo degli Strumenti Musicali sono presenti circa novecento strumenti europei ed extraeuropei che vanno da preziosi violini a colorate chitarre, svariati strumenti a fiato e a tastiera ed una meravigliosa armonica a bicchieri.
Armonica a bicchieri
Interessante anche il Museo Archeologico nella sezione di Preistoria e Protostoria con numerosi reperti che raccontano la vita e la morte delle popolazioni della zona come la cultura di Golasecca e manufatti celtici e la sezione Egizia del Museo Archeologico che offre un interessante panorama della società egizia.
Cortile interno del Castello
Fino a qui abbiamo visto numerosi apparati museali ma il Castello Sforzesco riserva ancora numerose sorprese come la Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”, l’Archivio Fotografico con originali che vanno dal 1840 ad oggi, il Gabinetto dei Disegni con opere grafiche di Leonardo, Bambaia, Boccioni, la Biblioteca d’Arte tra le più importanti in Italia specializzate nel settore artistico, la Biblioteca Archeologica e Numismatica, l’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana che conserva documenti a partire dal 1385 compreso un preziosissimo Libretto di appunti di Leonardo da Vinci.
Bifora
Il Castello è sede anche dell’Ente raccolta Vinciana voluto da Beltrami e che raccoglie 5000 volumi sul genio toscano pubblicati in tutto il mondo oltre a 2000 fotografie e della CASVA, Centro di alti Studi sulle Arti Visive, un archivio consultabile dedicato all’architettura, al design, alla grafica, alle arti figurative e alle arti visive.
Cortile della Rocchetta
Su prenotazione è possibile visitare anche le merlate con il camino di ronda e le torri compresa quella falconiera per avere davvero un punto di vista privilegiato sul castello, sui cortili ed anche sulla città e sulla Madonnina che svetta sul Duomo.
Panorama dalle Merlate
Tornati a terra fisicamente ma anche emotivamente potete optare per un tour intorno alle mura del Castello passando magari dal ponte levatoio,
Ponte levatoio e Porta dei Carmini
ammirando la Ponticella, una piccola costruzione esterna al Castello costruita sopra al ponte che scavalcava il fossato per unire la residenza ducale al parco che era la tenuta di caccia e il giardino del duca. Ludovico se ne serviva anche per raggiungere la chiesa di Sant’Ambrogio ad Nemus a cui era devoto. Nelle decorazioni della prima “Saletta Nera” fu coinvolto anche Leonardo. L’edificio è composto da un portico e da tre salette, in una di queste salette parata a lutto si rifugiò Ludovico disperato per la morte della moglie Beatrice d’Este, nel 1497.
Ponticella
il Rivellino di Santo Spirito, uno degli avancorpi posti a protezione delle porte
Rivellino
e concludere con una sosta o ai bordi della fontana o sui prati del Parco Sempione e ripensare alla giornata appena vissuta immersi in un passato che parla di guerre e di lotte, di invasioni e ribellioni, tradimenti e amori eterni, gelosie e rivalse, lotte tra fratelli ma anche di bellezza e di arte, di grandi artisti e di sogni e la conclusione è una sola: bisogna tornare al Castello tante volte, prendersi tutto il tempo per assaporare la sua storia e i suoi capolavori,
Maestro di Trognano – Adorazione dei pastori. Scultura lignea
camminare per le sue sale
Michelozzo Michelozzi e artisti lombardi – Portale del Banco Mediceo in Milano
immaginando di essere la divina Dama dell’Ermellino immortalata da Leonardo o la battagliera Bona di Savoia che tentò in tutto i modi di proteggere il figlio e il ducato dalle mire del cognato Ludovico oppure di essere un baldo cavaliere che sale le scale del castello a cavallo per raggiungere la sua dama o essere Ludovico il Moro che ospitò a Milano il genio per antonomasia che ha lasciato alla capitale economica d’Italia un capolavoro inestimabile come il Cenacolo.
Leonardo da Vinci – Cenacolo Vinciano – Refettorio di Santa Maria delle Grazie – Milano
Pensate di aver finito? Ebbene no, un ultimo capolavoro vi attende, all’interno dell’Ospedale Spagnolo si trova La Pietà Rondanini, l’ultima e amata opera di Michelangelo Buonarroti che continuò a lavorarvi fino alla sua morte perché avrebbe dovuto essere il suo monumento funebre. Alla prima versione del gruppo marmoreo ne seguì una seconda nella quale Michelangelo modificò quasi completamente la struttura: dal corpo di Maria ricavò una nuova figura di Cristo, dell’originale mantenne solo le gambe piegate del Cristo, e dalla spalla sinistra e dal petto del vecchio corpo di Gesù ricavò il nuovo corpo di Maria.
Pietà Rondanini
Michelangelo non completò la sua Pietà, alla sua morte, avvenuta a Roma il 18 febbraio 1564 a 89 anni, la salma fu trafugata dal nipote che lo volle riportare a Firenze dove fu seppellito con tutti gli onori nella Basilica di Santa Croce e il suo monumento funebre fu commissionato al Vasari.
Tomba di Michelangelo Buonarroti, Santa Croce-Firenze, le tre figure piangenti rappresentano la pittura, la scultura e l’architettura.
La Pietà rimasta nel suo studio inventariata come “Statua principiata per un Cristo et un’altra figura di sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite”. Nel 1652 l’opera si trovava in una bottega romana, nel 1744 fu acquistata dai marchesi Rondanini dai quali prese il nome, i marchesi la tennero nella biblioteca del loro palazzo in via del Corso, il palazzo fu acquistato nel 1904 dal conte Roberto Vimercati-Sanseverino e alla morte del conte gli eredi la spostarono in una loro villa romana.
Michelangelo Buonarroti – Pietà Bandini – Nicodemo, presunto autoritratto di Michelangelo, Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
Nel 1952 su pressione di Fernanda Wittigens, critica e storica d’arte oltre che museologa, prima donna direttrice della Pinacoteca di Brera, il comune di Milano acquisì il gruppo marmoreo e lo destinò alle Raccolte Civiche del Castello Sforzesco.
Corte d’Armi
E così accade che, dopo secoli, i due antagonisti del Rinascimento fiorentino si sono venuti a trovare nuovamente nella stessa città.
Leonardo da Vinci – Cenacolo Vinciano – Refettorio di Santa Marie delle Grazie – Milano
Michelangelo Buonarroti – Pietà Rondanini – Ospedale Spagnolo – Castello Sforzesco – Milano
Ancora una volta accanto a Leonardo, che considerava Milano una seconda patria, è giusto che ci sia anche l’eterno rivale a ricordare che è molto facile considerarsi il più bravo se non c’è un confronto ma quando te la batti alla pari con un altro che può vantare talento, abilità ed intelligenza è allora che, con motivato orgoglio, puoi dire: “Sono bravo quanto lui!”
Castello Sforzesco