Domenica 24 novembre presso l’auditorium “P. Conti” di Varese si è tenuto un delizioso concerto del Sax Accademy Quartet con la straordinaria partecipazione della soprano Carolina Lidia Facchi.
Sax Accademy Quartet e la soprano Carolina Lidia Facchi
L’occasione di questo bel pomeriggio musicale rientra nei festeggiamenti del ventennale dalla fondazione dell’Ensemble de Saxphones di Varese e nello stesso tempo rende omaggio a Giacomo Puccini per ricordare il grande compositore nel centenario della morte avvenuta a Bruxelles il 29 novembre 1924.
Casa Natale di Puccini in Corte San Lorenzo, Lucca
Come l’affezionato pubblico, accorso anche domenica numeroso, sa ormai bene ogni concerto organizzato dal Maestro Giuseppina Levato è un successo assicurato sia per la scelta dei brani che vanno da sinfonie famose, arie di opere liriche, musical, colonne sonore fino alle sigle dei cartoni animati e ai jingles delle pubblicità per accostarsi a tutti gli spettatori di qualsiasi età garantendo una serata piacevole e di alto livello culturale sia per la valenza dei musicisti che si distinguono ogni volta per il grande entusiasmo, la rigorosa preparazione e la straordinaria bravura.
Nell’ “Omaggio a Puccini” il gruppo non si è smentito e i quattro sassofonisti hanno dato prova davvero di grande virtuosismo e nei brani strumentali e nell’accompagnamento alla soprano che ha incantato il pubblico con la sua freschezza, la presenza scenica comunicativa ed affascinante e la voce straordinaria.
Tra i sassofonisti c’era anche il Maestro Giuseppina Levato che di rado gli spettatori dell’Auditorium hanno potuto ascoltare nelle vesti di meravigliosa musicista in quanto, di solito, indossa i panni del direttore d’orchestra mentre dirige l’Ensemble.
Il Maestro Giuseppina Levato
Il pomeriggio musicale è stato introdotto da una breve conferenza su Giacomo Puccini da parte di uno dei membri del Quartet, il Sax Baritono Mauro Donadini, che per tutto il concerto si è alternato tra il ruolo di conferenziere e commentatore dei brani e quello di valente musicista.
Il Maestro Mauro Donadini
Perché per una serata così speciale un omaggio a Puccini lo ha spiegato il Maestro Donadini: tra la nascita del compositore lucchese e la nascita del sax intercorrono pochi anni, il sax nasce nel 1840 ed il suo inventore, il belga Antoine Joseph Sax, detto Adolphe Sax, lo brevettò nel 1846, Puccini nasce a Lucca il 22 dicembre 1858, praticamente il sax era ancora adolescente quando nacque Puccini, ma un altro elemento collega il sax al grande compositore.
Adolphe Sax aveva implorato tutti i compositori dell’epoca di scrivere una partitura per il suo strumento, non incontrò grande entusiasmo presso i musicisti che si lasciarono spaventare dalla novità ed anche dal fatto che l’orchestra era già strutturata compiutamente nelle varie sezioni e non sembrava esservi posto per quello che era considerato un goffo strumento che non si sapeva se posizionare tra gli ottoni o tra i legni visto che presentava caratteristiche di entrambe le famiglie ma a poco a poco questo nuovo meraviglioso strumento entrò a far parte delle bande militari, il suo inventore divenne insegnante presso il Conservatorio di Parigi, Gioacchino Rossini consigliò di aggiungere lo studio del sax al Conservatorio di Bologna e nel 1884 figurano nell’organico del Corpo di Musica Municipale di Milano, l’attuale Civica Orchestra di fiati del comune di Milano un sax soprano, un contralto e un tenore.
Mattia Primon al sax soprano e Giuseppina Levato al sax contralto
Il Quartet esibitosi domenica è composto dal Sax Soprano di Mattia Primon, il Sax Tenore di Silvano Primon, il già citato Mauro Donadini al Sax Baritono e il magico Sax Alto del Maestro Giuseppina Levato ed in quattro hanno saputo proporre brani di opere di Puccini che generalmente vengono suonati da un’intera orchestra.
Silvano Primon al sax tenore e Mauro Donadini al sax baritono
Il secondo motivo che ha convinto il quartetto a presentare proprio la musica di Puccini è la decisione del compositore di dedicare al sax una partitura affidando a due strumenti il leitmotive cioè il motivo conduttore che indica un tema musicale ricorrente associato ad un personaggio, un sentimento, un luogo, dei personaggi principali della Turandot non inserendo, però, gli strumenti nell’organico ma facendoli suonare da fuori scena, probabilmente se fosse vissuto fino a completare l’opera avrebbe potuto fare una scelta diversa, purtroppo la Turandot rimase incompiuta, seguendo le tracce lasciate da Puccini per le ultime due scene Franco Alfano completò l’opera sotto la supervisione di Arturo Toscanini che la diresse alla prima rappresentazione alla Scala ma il grande Direttore d’Orchestra interruppe l’esecuzione sull’ultima nota della partitura composta da Puccini, subito dopo il corteo funebre che accompagna Liù.
Costume di scena per il II atto di Turandot indossato dalla soprano Maria Jeritza nel primo allestimento dell’opera al Metropolitan Opera House di New York e da lei stessa donato alla Fondazione Giacomo Puccini
Proviamo ora a conoscere un po’ di più questo grande musicista che ci ha lasciato opere immortali.
Giacomo nasce a Lucca il 22 dicembre 1858, sesto di nove figli, da quattro generazioni i Puccini erano maestri di cappella del Duomo di Lucca, il padre Michele era uno stimato professore di composizione. All’età di cinque anni Giacomo perse il padre e fu mandato a studiare presso lo zio materno Fortunato Magi che lo considerava un fannullone senza talento. Fu Alemanno Cortopassi ad impartire le prime lezioni all’adolescente Giacomo facendogli poi continuare gli studi a Lucca e Milano.
Albero Genealogico di Giacomo Puccini con evidenziati in rossi i musicisti della famiglia Puccini
A quattordici anni Puccini cominciò a guadagnare qualcosa per contribuire al povero bilancio familiare suonando l’organo in varie chiese di Lucca e il pianoforte al “Caffè Caselli” in via Fillungo ma, come afferma lo stesso Puccini ,la musica non lo attirava fino a che, all’età di 17 anni andò a Pisa ad assistere alla rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi, quello spettacolo gli aprì tutto un mondo e gli fece intraprendere la carriera di compositore.
Particolare dell’albero genealogico di Puccini
La madre, Albina Magi, si adoperò in tutti i modi perché Giacomo potesse frequentare il Conservatorio di Milano dove divenne allievo di Amilcare Ponchielli e conobbe Pietro Mascagni con il quale condivise la camera e stabilì una duratura e sincera amicizia.
La prima opera composta da Puccini fu “Le Villi”, un’opera-ballo in due atti composta nel 1883 e rappresentata al Teatro dal Verme a Milano dove riscosse un grande successo che gli valse il contratto con l’editore Ricordi che gli commissionò una seconda opera con uno stipendio mensile di 200 lire. La felicità per il successo finalmente raggiunto fu funestato dalla morte di Albina Magi, la madre del musicista. Nel 1884 Giacomo aveva iniziato a convivere con Elvira Bonturi moglie di un droghiere di Lucca dal quale aveva avuto una figlia, Fosca. I tre si trasferirono a Monza dove nacque l’unico figlio di Puccini, Antonio.
Rita Dall’Anna, moglie del figlio di Giacomo Puccini, Antonio, fu lei nel 1973 ad istituire la Fondazione Giacomo Puccini e a donare la casa natale del compositore e molti degli arredi e documenti permettendo l’inaugurazione del Puccini Museum a Lucca
Nel 1891 Puccini si trasferì a Torre del Lago, una frazione di Viareggio dove si fece costruire una villa che lui amava immensamente al punto da non poterne restare lontano a lungo.
Il primo febbraio 1893 debutta a Torino la "Manon Lescaut", ambientata tra Parigi, Le Havre e la Lousiana.
L’opera trae ispirazione dal romanzo dell’abate Antoine François Prévost, "Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut", il libretto vide al lavoro diversi autori ma alla fine fu Puccini stesso a scrivere la maggior parte del libretto della "Manon Lescaut" che continuò a modificare per trent’anni dal debutto a poco prima della sua morte.
Grammofono del Maestro, nel 1907 durante il suo primo viaggio a New York per assistere alle sue opere alla Metropolitan Opera House Puccini aveva preso accordi per far incidere alcune delle arie delle sue opere su disco, in quell’occasione la casa discografica incise un provino con la voce del Maestro consentendoci così di poterla conoscere.
Il capolavoro racconta la storia d’amore travagliata tra Manon destinata al convento e lo studente Renato des Grieux, i due fuggono insieme ma lei abbandona lo squattrinato amante per diventare la mantenuta di un ricco banchiere che, scoperta la tresca tra Manon e l’ex innamorato, la denuncia ai gendarmi, Manon viene deportata in Lousiana dove alla fine muore tra le braccia di des Grieux che l’aveva seguita nella deportazione.
I brani interpretati dal Quartet sono stati ”Intermezzo” e “Crisantemi”, elegia per quartetto d’archi composta in occasione della morte di Amedeo di Savoia duca d’Aosta, tema che Puccini utilizzerà poi proprio nella Manon.
Intanto il compositore aveva iniziato la stesura dell’opera “La Boheme” che nasce da una sfida tra Giacomo Puccini e Ruggero Leoncavallo, i due musicisti iniziarono a scrivere contemporaneamente due opere tratte dallo stesso soggetto. Dopo oltre un secolo possiamo dire che l’opera di Puccini ha goduto di un successo planetario che si rinnova tutt’ora ad ogni rappresentazione.
Siamo di nuovo a Parigi nel quartiere degli artisti bohémien, Mimì e Rodolfo si incontrano e si innamorano ma lei manifesta i primi sintomi della tisi, uno degli amici di Rodolfo incontra di nuovo Musetta, l’antica innamorata, accompagnata dal suo nuovo protettore. Le due storie d’amore sono complicate dalla povertà e dalla gelosia, le due coppie si separano ma un giorno Musetta raggiunge i due amici e racconta che ha incontrato Mimì, ormai in fin di vita, che vorrebbe tornare nella soffitta dove ha incontrato il suo grande amore. Gli amici vendono i pochi oggetti che hanno per comperare medicine e vestiti per Mimì che si spegne circondata dall’affetto dei suoi amici e tra le braccia dell’amato Rodolfo. Le arie interpretate da Carolina sono la dolce “Sì, mi chiamano Mimì“ e la divertente “Quando m’en vo”.
Nella prima è Mimì che si presenta: Sì, mi chiamano Mimì ma il mio nome è Lucia. La storia mia è breve. A tela o a seta ricamo in casa e fuori… Son tranquilla e lieta ed è mio svago far gigli e rose. Mi piacciono quelle cose che han sì dolce malìa, che parlano d’amor, di primavere, di sogni e di chimere, quelle cose che han nome poesia… Lei m’intende?
“La Boheme”, ricostruzione della soffitta nel Puccini Museum, Lucca
È la fanciulla che si presenta raccontando dei suoi due nomi, del lavoro che fa, ricamatrice di fiori, e dei suoi sogni, piccoli sogni sereni: l’amore, la primavera, la poesia e dolce è quel “Lei m’intende” a Rodolfo dal quale vuole conferma che capisce quali siano i suoi desideri.
Nell’aria di Musetta vediamo la giovane che tenta di irretire nuovamente Marcello e civettuola gli ricorda che quando passa lei tutti si fermano ad ammirarla: “Quando men vo soletta per la via la gente sosta e mira, e la bellezza mia ricerca in me da capo a piè. Ed assaporo allor la bramosia sottil che dagli occhi traspira a dai palesi vezzi intender sa alle occulte beltà. Così l’effluvio del desìo tutta m’aggira felice mi fa!”
“La Boheme”, costume di Musetta
È lampante la differenza tra le due fanciulle una che sogna l’amore l’altra che vuole essere ammirata.
Dopo la “Boheme” Puccini iniziò a lavorare alla “Tosca”, fu poi la volta di “Madama Butterfly”.
Intanto il 3 gennaio 1904 sposò Elvira rimasta vedova da qualche mese.
Il 10 dicembre 1910 debuttò a New York “La fanciulla del West” con Emma Destinn ed Enrico Caruso nel cast.
Tra il 1913 e il 1918 Puccini compose il cosiddetto Trittico, tre opere da rappresentare in un’unica serata: Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi rappresentato per la prima volta al Metropolitan di New York.
“Gianni Schicchi”, costume di Gianni Schicchi
Carolina, nel bis che ha regalato al pubblico alla fine della sua performance, ha intonato “O mio babbino caro” dall’opera Gianni Schicchi.
Il libretto musicato da Puccini riprende il XXX canto dell’Inferno, Dante parla di un tale Gianni Schicchi noto a Firenze come falsario e come tale è confinato nella bolgia per falsificazione di persona. Schicchi era famoso anche per le sue abilità di imitatore, alla morte di Buoso Donati il Vecchio, vedovo e senza figli, i parenti chiamarono il cavaliere chiedendogli di aiutarli. Il falsario prontamente fece spostare la salma in un’altra stanza, prese il suo posto nel letto e dettò le sue ultime volontà ad un notaio lasciando tutti i bene di Donati al nipote Simone, a se stesso lasciò una giumenta. Nella versione pucciniana Schicchi intesta a sé la casa di Firenze, la migliore mula di Toscana e i mulini di Signa, i parenti beffati vengono cacciati via mentre la figlia di Schicchi, Lauretta, e Il nipote di Donati, Rinuccio, si abbracciano felici. L’aria cantata dalla soprano è l’implorazione di Lauretta al padre perché aiuti il suo amore Rinuccio: “O mio babbino caro, mi piace è bello, bello; Vo’ andare in Porta Rossa a comperar l’anello! Sì, sì, ci voglio andare! E se l’amassi indarno, andrei sul Ponte Vecchio, ma per buttarmi in Arno! Mi struggo e mi tormento! O Dio, vorrei morir! Babbo, pietà, pietà!...
Gianni Schicchi, costume di Lauretta
Durante un viaggio a Milano Puccini ricevette una copia della fiaba teatrale Turandot scritta da Carlo Gozzi, il musicista rimase affascinato dal testo ed iniziò a lavorare sulla partitura.
La seconda parte del programma è stata tutta dedicata proprio alla "Turandot". La storia è ambientata a Pechino, come in tante altre fiabe c’è una principessa che sposerà colui che svelerà tre indovinelli da lei proposti, chi non indovina sarà ucciso come accade al principe di Persia. Ad assistere alla decapitazione ci sono il vecchio Timur e la schiava Liù, quando Timur cade Liù chiede aiuto e in loro soccorso giunge il giovane Calaf che riconosce nel vecchio suo padre, un re tartaro spodestato e accecato. I due si abbracciano ma Calaf li prega di non rivelare a nessuno il suo nome. Giunge Turandot che dà l’ordine di eseguire la sentenza, Calaf la vede e rimane ammaliato dalla sua bellezza tanto da decidere di partecipare alla sfida. Il padre e Liù cercano di dissuaderlo, anche i tre ministri Ping, Pong e Pang lo fermano e gli chiedono di rinunciare, il dialogo tra i ministri e Calaf magistralmente eseguito dal Quartet non ha avuto bisogno di parole per essere compreso dal pubblico.
Calaf, però, non desiste e suona il gong per accettare la sfida. Liù tenta un’ultima supplica con l’aria “Signore ascolta” dove esprime tutto il suo amore: “Signore, ascolta! Ah signore, ascolta! Liù non regge più! Si spezza il cuor! Ahimè quanto cammino col tuo nome nell’anima, con nome tuo sulle labbra! Ma se il tuo destino, doman, sarà deciso. Noi morremo sulla strada dell’esilio! Ei perderà suo figlio… io l’ombra d’un sorriso! Liù non regge più! Ah, pietà!”
Struggente e disperata la supplica di Liù vibra nella voce commossa di Carolina ed incanta il pubblico.
Ma Calaf non intende ragioni, si presenta davanti all’imperatore, alla principessa e alla corte e risolve i tre enigmi, Turandot affranta si rivolge al padre ma Calaf interviene per scioglierla dalla promessa e le propone un nuovo enigma: se prima dell’alba scoprirà il suo nome la vita del principe sarà sua. Tutti cercano di scoprire il nome dello straniero che, convinto di vincere, intona la famosa aria diventata ormai l’inno di ogni competizione “Nessun dorma” che ritroviamo nella selezione di brani che concludono la serata.
Iniziano i tentativi di corruzioni, le minacce e le torture per scoprire il nome di Calaf, Liù, spaventata all’idea di non sopportare altre torture e di rivelare il nome del suo amore, dopo aver cantato l’aria “Tu che di gel sei cinta”, strappa il pugnale a una guardia e si uccide.
Sicuramente questo brano è stato il più emozionante dello spettacolo, Carolina l’ha interpretato con passione ma anche con una dolcezza meravigliosa e i sassofonisti sono stati semplicemente straordinari.
“Tu che di gel sei cinta, da tanta fiamma vinta l’amerai anche tu! Prima di quest’aurora io chiudo stanca gli occhi, io chiudo stanca gli occhi, perché egli vinca ancora… per non … per non vederlo più!”
Pianoforte su cui Puccini compose molte delle sue opere da Madama Butterfly in poi ed in particolare la romanza forse più celebre: il “Nessun dorma” della Turandot
Nel personaggio di Liù, un personaggio secondario dell’opera, si concentra tutta la forza, la bellezza, la capacità d’amare delle protagoniste pucciniane, in lei si ritrova la dolcezza di Mimì, la passione di Tosca, la fede nell’amore di Butterfly, Liù dice alla sua rivale ammantata di gelo che anche lei alla fine cederà all’amore che con la sua fiamma vincerà il ghiaccio del suo cuore.
“Tosca”, costume di Floria Tosca
Puccini non riuscirà a finire Turandot, un tumore alla gola lo portò a Bruxelles per tentare una cura disperata, l’intervento venne considerato riuscito ma a distanza di 5 giorni alle 11,30 del 29 novembre a 65 anni il Maestro si spense. La messa funebre fu tenuta nella Chiesa Reale di Santa Maria a Bruxelles poi fu trasportata in treno a Milano dove si tenne il funerale in Duomo. Ad accompagnare il servizio funebre fu il requiem tratto da “Edgar”, una delle opere di Puccini, eseguito dall’Orchestra del Teatro alla Scala diretta da Arturo Toscanini.
Cappotto in cachemire foderato in pelliccia con una sciarpa di seta, il maestro amava molto vestirsi nelle migliori sartorie
Due anni dopo dalla cappella privata della famiglia Toscanini la salma di Puccini venne traslata nella cappella della Villa di Torre del Lago per volere del figlio Antonio e della moglie Elvira che gli sarà tumulata accanto.
L’omaggio reso a Puccini dal Sax Accademy Quartet oltre che un pomeriggio ricco di emozioni ha dato al pubblico la possibilità di conoscere un grande artista che era, però, prima di tutto, un uomo con le sue passioni come la caccia e le auto, il piacere del godere delle gioie del buon cibo e del buon vino in buona compagnia, il legame con la famiglia d’origine da lui aiutata in tutti i modi ma anche quello dell’amore verso il figlio Antonio ma più di tutto l’amore per il teatro e la musica.
Giacomo Puccini alla guida di una delle sue adorate automobili con un gruppo di amici
Giacomo, il mondo applaude alla bellezza e alle emozioni che gli hai regalato e ti dice grazie!