Una cartolina da… Mantova
12 mesi ago Clementina Levato
Mantua me genuit
Calabri rapuere,
tenet nunc Parthenope;
cecini pascua, rura, duces
Mantova mi generò,
la Calabria (l'attuale Salento) mi rapì
ora mi tiene Napoli;
cantai i pascoli (Bucoliche) le campagne (Georgiche) i condottieri (Eneide)
Questo è l'epitaffio che la tradizione vuole fu lo stesso Virgilio a dettare ai compagni in punto di morte mentre si trovava a Brindisi, il corpo del poeta fu traslato a Napoli dove, a Piedigrotta, si trova ancora il tumulo nel quale fu inumato anche se l'urna con le ossa fu dispersa nel Medioevo per inseguire una leggenda che vede protagonisti Virgilio e Castel dell'Ovo nella città partenopea.
È sempre Publio Virgilio Marone a narrare nell'Eneide la leggenda sulle origini di Mantova.
Racconta Virgilio che Manto, figlia dell'indovino tebano Tiresia, scappò dalla città greca, dopo un lungo peregrinare approdò nella palude che oggi è il territorio di Mantova e con le sue lacrime creò un lago le cui acque conferivano capacità divinatorie a chi le beveva. Manto incontrò e sposò la divinità fluviale Tybris, il Tevere, re dei Toscani dal quale ebbe un figlio, Ocno, che fondò sulle sponde del fiume Mincio una città che chiamò Mantua in onore della madre. (Eneide libro x, 198-201)
Castel S. Giorgio
Dante Alighieri, che considerava Virgilio il suo maestro ed autore dal quale aveva imparato lo stile poetico che gli aveva portato tanta fama, scegliendolo come guida nei prime due cantiche della Divina Commedia, nel canto XX dell'Inferno, incontrando gli indovini, fa descrivere al poeta latino i dintorni della città e la sua nascita:
(...)
55 Manto fu, che cercò per terre molte;
poscia si puose là dove nacqu'io;
onde un poco mi piace che m'ascolte.
(…)
85 Lì, per fuggire ogne consorzio umano,
ristette con suoi servi a far sue arti,
e visse e vi lasciò suo corpo vano.
88 Li uomini poi che 'ntorno erano sparti
s'accolsero a quel loco, ch'era forte
per lo pantano ch'avea da tutte parti.
91 Fer la città sovra quell'ossa morte;
e per colei che 'l loco prima elesse,
Mantua l'appellar sanz'altra sorte.
55 Manto, la quale peregrinò, fu costretta a passare di terra in terra per molti paesi
poi si fermò dove sono nato, per questo mi piace che mi ascolti per un po'.
85 Lì, seguendo la sua selvatica natura, per evitare ogni contatto con gli uomini,
si fermò con i suoi servitori ad esercitare le sue arti magiche
e lì visse e lì lasciò il suo corpo esanime.
88 In tempi successivi gli uomini che erano disseminati nei territori circostanti,
si raccolsero in quel luogo fortificato,
difeso com'era da ogni parte dalle acque della palude.
91 Costruirono la città dove erano state sepolte le ossa della maga
e in onore di colei che per prima aveva scelto quel luogo,
la chiamarono Mantova senza procedere ai sortilegi per scegliere il suo nome.
Palazzo Te
Indubbiamente una nascita molto poetica che ci introduce con eleganza nelle strade di una città che si specchia nelle acque del Mincio il cui corso è stato modificato nel XII secolo dall'architetto ed ingegnere idraulico Alberto Pitentino incaricato, dal comune della città, di strutturare un sistema di difesa del territorio. Pitentino trovò il modo di modificare il corso del Mincio così da circondare interamente la città che divenne di fatto un'isola protetta da quattro laghi, Superiore, di Mezzo, Inferiore e Paiolo che la cingevano in un abbraccio e che, per secoli, fu dominio incontrastato dei Gonzaga che la resero un gioiello di inestimabile valore.
Panorama della città che si specchia nei suoi laghi
Per conoscere la città cominciamo da fonti storiche che ci raccontino qualcosa di certo su questa cittadina posta in Lombardia, non lontano dal confine con il Veneto e l'Emilia Romagna.
I primi abitanti furono gli Etruschi seguiti dai Celti cacciati dai Romani che la fortificarono, in questo periodo, 70 a.C., nacque nei pressi di Andes il poeta Virgilio. Con la fine dell'impero romano, 475 circa, Mantova venne conquistata da Odoacre e poi da Teodorico.
Il 16 agosto 1328 fu ucciso Rinaldo Bonacolsi, l'ultimo della potente famiglia che governava la città e il suo assassino, Luigi Gonzaga, divenne il nuovo signore di Mantova, dando origine alla signoria dei Gonzaga che durò fino al 1707 e che diede alla città il volto di una delle corti più in vista e uno dei massimi centri d'arte in Europa.
Palazzo Ducale
Decidere cosa visitare non è cosa facile, ogni strada, ogni palazzo, ogni angolo nasconde gioielli che regalano al visitatore piacevoli sorprese.
Forse la cosa migliore è iniziare da un palazzo che si trova un po' decentrato rispetto al cuore della città e già nel nome ha un po' di mistero: Palazzo Te.
Palazzo Te - Le peschiere
Il marchese Federico II Gonzaga, nel 1525, incaricò l'artista Giulio Romano, allievo di Raffaello, di progettare un palazzo dove potersi rilassare e riposare lontano dagli oneri della signoria e dove poter alloggiare la sua amante ufficiale, Isabella Boschetti, lontano dalla consorte Margherita Paleologa e senza incorrere nelle ire della madre Isabella d'Este.
Il “Palazzo dei lucidi inganni” sorgeva al centro di un'isola chiamata Tejeto, poi abbreviata in Te, ricca di boschi e circondata da un lago ora prosciugato. Ricco di simboli e di miti raccontati negli affreschi delle splendide sale dallo stesso Giulio Romano veniva utilizzato da Federico come un biglietto da visita per ostentare davanti agli ospiti importanti, quali l'imperatore Carlo V ed il re di Francia Enrico III, che si recavano in città, la sua ricchezza e il suo potere e sottolineare in questo modo quanto fosse conveniente averlo come alleato.
Palazzo Te - Esedra
La lunga teorie di sale, una può spettacolare dell'altra si susseguono trascinando il visitatore in un mondo magico fatto di divinità, creature mitologiche, giganti e trucchi che impressionavano enormemente gli illustri ospiti.
In particolare si racconta che la Camera dei Giganti era il salone dove la fantasia di Federico e del suo architetto si sono sbizzarrite, il pavimento in origine era formato da ciottoli che davano un'impressione di instabilità in una stanza illuminata solo dal fuoco del camino posto sulla parete tra le finestre.
Palazzo Te- Camera dei Giganti - Pavimento settecentesco
Il gigantesco affresco che ricopre interamente tutte le pareti ed il soffitto a volta narra l'episodio della Caduta dei Giganti tratto dalle Metamorfosi di Ovidio. I Giganti tentano la scalata al monte Olimpo per prendere il potere sugli dei che vi risiedevano, Giove, furibondo scende dal trono e armato dei suoi fulmini chiama a sé le altre divinità per punire i ribelli.
Palazzo Te - Camera dei Giganti - Volta
Giulio Romano coglie proprio quell'attimo in cui il mondo crolla sugli insorti, montagne che franano e li scaraventano a terra, acqua tumultuosa che li travolge, edifici che si abbattono su di loro.
Palazzo Te - Camera dei Giganti - La sconfitta dei Giganti
Altra sala straordinaria è quella dove si racconta la favola di Amore e Psiche tratta anch'essa dalle Metamorfosi di Ovidio. La storia travagliata dei due innamorati richiama la vicenda stessa di Federico sposato per ragion di stato ad una donna che non ama ed in lite con la madre che osteggia il legame con Isabella Boschetti così come Venere faceva con Amore e Psiche
Palazzo Te - Camera di Amore e Psiche - Il banchetto
Ogni parete racconta una parte della celebrazione dell'unione dei due innamorati: si inizia da Venere su un carro trainato da cigni che indica, ad Amore, Psiche la fanciulla che deve punire, su due pareti i preparativi per un banchetto all'insegna dell'opulenza.
Sulla parete sud Amore e Psiche con la figlia Voluttà, su tutto domina dal soffitto il rito del matrimonio celebrato da Giove in persona.
Palazzo Te - Camera di Amore e Psiche - Il banchetto
E così di stanza in stanza ci si perde ad ammirare capolavori straordinari come nella sala del Sole e della Luna, nel soffitto è ritagliata una finestra dove passano il carro del Sole al tramonto e quello della Luna che spunta. Se qualcuno si è mai posto il problema di cosa indossassero le divinità sotto la tunica la risposta ce la dà Giulio Romano che afferma con assoluta certezza che non indossassero assolutamente nulla.
Palazzo Te- Carro del Sole e della Luna
Una delle sale è dedicata agli amatissimi cavalli di Federico, raffigurati a grandezza naturale si stagliano sullo sfondo di un paesaggio boschivo.
Palazzo Te - Sala dei Cavalli
Ovunque è riportata la salamandra, l'animale con le caratteristiche nelle quali il marchese si identificava come si legge sul fregio della parete sud: “Quos huic deest me torquet” cioè “Ciò che manca a costei tormenta me” alludendo alla capacità dell'animale di resistere al fuoco mentre lui non era in grado di resistere alla passione che lo legava ad Isabella Boschetti.
Palazzo Te - La salamandra, il simbolo di Federico Gonzaga
Dopo aver visitato il palazzo dedicato ai divertimenti conviene costeggiare il Mincio e giungere nel centro abitato direttamente da Castel San Giorgio, un possente maniero posto a difesa della città-fortezza di Mantova, venne costruito dal 1395 al 1406 da Bartolino da Novara per volere di Francesco I Gonzaga. Nel 1459 Ludovico II Gonzaga fece ristrutturare il castello e per un lungo periodo fu la dimora di Isabella d'Este, moglie di Francesco II Gonzaga che chiamò a Mantova Mantegna, Perugino, Leonardo, Ariosto ed altri artisti che resero la città una delle maggiori corti europee ed un importante centro artistico e letterario.
Castel San Giorgio
All'interno, al primo piano della torre nord-orientale del castello si trova il gioiello forse più prezioso di tutta la città, la straordinaria Camera degli Sposi o “Camera Picta” come veniva chiamata all'epoca, affrescata tra il 1465 e il 1475 da Andrea Mantegna su commissione del marchese Ludovico II Gonzaga.
Cortile di Castel San Giorgio
La stanza, di dimensioni medio-piccole pose a Mantegna notevoli difficoltà sia per le dimensioni che per gli elementi presenti come il camino, le porte e le finestre, l'artista non si scoraggiò affatto anzi utilizzò anche questi come parte integrante della sua opera.
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi
La camera mai utilizzata come camera da letto fungeva da sala delle udienze e da camera da letto di rappresentanza. Il nome di Camera degli Sposi le venne attribuito nel '600 forse per la presenza nel dipinto, che raffigura la corte, di Ludovico II Gonzaga e della moglie Barbara di Brandeburgo
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi - La corte
La volta e le pareti affrescate raccontano la vita della famiglia Gonzaga in un momento particolare della loro storia: la nomina a cardinale di Francesco Gonzaga, figlio di Ludovico. Sulla parete nord è ritratto Ludovico con la famiglia e la corte, sulla parete ovest l'incontro tra il marchese e il figlio avvenuto nei pressi della città di Bozzolo.
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi - L'incontro
Sul soffitto a cassettoni sono presenti i ritratti di otto imperatori romani e, per evitare dubbi, Mantegna pensò bene di scrivere il nome di ognuno di essi alcuni dei quali ancora leggibili.
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi - Soffitto
La parte più spettacolare dell'intera sala, però, e che attrae irresistibilmente lo sguardo del visitatore è l'oculo dipinto al centro del soffitto. Non potendo sfondare il tetto del castello, vista la posizione della camera, Mantegna, per ricordare l'oculus del Pantheon, sfonda con un cielo finto il soffitto, dalla balaustra si sporge una dama di corte con la sua serva, una fanciulla ha in mano un pettine, tutte con espressione giocosa quasi intente ad organizzare uno scherzo, forse far cadere nella sala il pesante vaso di agrumi in bilico su di un bastone?
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi, Oculo
Sul bordo della ringhiera un pavone passeggia impettito, intanto alcuni putti sbirciano nel salone, chi pericolosamente aggrappato al lato interno della cornice, altri che spuntano tra gli anelli della balaustra, di altri si vede solo la manina paffuta.
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi, Puttini (particolare)
Nella nuvola che veleggia nel cielo è nascosto un profilo umano, forse un autoritratto del Mantegna stesso, un altro si trova mimetizzato nella tappezzeria.
Castel San Giorgio - Camera degli Sposi -
Autoritratto di Mantegna mimetizzato nella tappezzeria
Continuando la visita si accede direttamente alle sale di Palazzo Ducale, un insieme enorme di costruzioni collegate tra loro da corridoi e gallerie, lo sviluppo lo pone tra le regge più estese d'Europa con le sue 500 stanze, 7 giardini e 8 cortili.
Palazzo Ducale.
Ogni componente della famiglia Gonzaga ha fatto ampliare la costruzione precedente arricchendola con preziose opere d'arte.
Palazzo Ducale, salone
Elencare le sale e le opere presenti nel palazzo è quasi impossibile, la cosa migliore è andare a Mantova e scoprirle una ad una.
Palazzo Ducale, Giardino pensile posto a 12 m di altezza
In una delle sale, in quell'ala del palazzo denominata appartamento dell'Imperatrice Beatrice d'Este, moglie di Ferdinando d'Austria, è presente questo monumentale letto fatto trasportare nel 1811 da Milano dalla viceregina Augusta Amalia di Baviera, moglie di Eugenio Beauharnais.
Palazzo Ducale, Appartamento dell'Imperatrice
Nella Sala del Labirinto, negli appartamenti ducali, sul soffitto è scolpito un labirinto con il motto del marchese Francesco II Gonzaga “Forse che sì forse che no”.
Palazzo Ducale - appartamenti ducali - Labirinto
Usciti da Palazzo Ducale ubriachi di arte e stanchi dei chilometri fatti ci si presenta davanti il duomo o cattedrale di San Pietro apostolo che ci offre un momento di quiete e di silenzio. La chiesa principale della città, posta nelle vicinanze di Palazzo Ducale, Castel San Giorgio e la basilica di Sant'Andrea vanta la presenza nel campanile, in stile romanico, che faceva parte dell'antica chiesa di San Pietro, di 7 campane, le sei grandi accordate su una scala di Sib2 maggiore e la piccola un'ottava sopra la più grossa.
Interno del duomo
Nel 1545, dopo l'ennesimo incendio, il cardinale Ercole Gonzaga ne ordinò la ristrutturazione affidando il progetto a Giulio Romano, alla morte dell'artista i lavori continuarono fin quasi alla fine del 1700 sovrapponendo progetti e stili.
Cupola del duomo con la rappresentazione del Paradiso
Di fronte Castel San Giorgio vi è una costruzione che attira lo sguardo perché nel minuscolo giardino è posta la statua di Rigoletto, il giullare alla corte del Duca di Mantova nell'opera lirica omonima di Giuseppe Verdi. La casa medievale venne scelta nel 1851 per essere raffigurata nella scenografia della prima dell'opera lirica, attualmente è sede di un ufficio turistico della città.
Statua di Rigoletto
Un altro importante luogo di culto è la basilica di Sant'Andrea, la chiesa più grande della città progettata da Leon Battista Alberti. Nello stesso luogo esisteva già una chiesa voluta da Beatrice di Lotaringia, madre di Matilde di Canossa quando nell'894 venne scoperta la reliquia del Sangue di Cristo; ancora oggi nella cripta sono custoditi i Sacri Vasi con la reliquia del Preziosissimo Sangue di Cristo portato a Mantova dal centurione romano Longino. Nella cappella di San Giovanni Battista si trova il monumento funebre di Andrea Mantegna che tanto ha dato alla città.
Situata in Piazza delle Erbe accanto alla torre dell'orologio si trova la chiesa più antica della città, la Rotonda di San Lorenzo costruita nell'XI secolo utilizzando materiali di un precedente tempio romano.
Rotonda di San Lorenzo
Chiusa al culto nel 1579 fu di nuovo consacrata e riaperta nel 1926.
Rotonda di San Lorenzo - Matroneo
Bellissimo l'interno della costruzione con una sala centrale circolare circondata da due ordini di colonne sovrapposti intervallati da finestre che illuminano la chiesa.
Rotonda di San Lorenzo- Interni
In Piazza delle Erbe troviamo anche il Palazzo del Podestà e il palazzo della Ragione con la Torre dell'Orologio.
Torre dell'Orologio
Posto all'interno di un bel palazzo il Museo Archeologico di Mantova attrae sia per la bellezza delle sale, luminose e ben organizzate che per i reperti che testimoniano la lunga storia della città, tra questi si trovano i resti degli amanti di Valdaro, così denominati perché i due scheletri appartenenti al Neolitico furono rinvenuti abbracciati.
Museo Archeologico, Gli amanti di Valdaro
Affascinante è anche la possibilità di una gita in battello sui laghi che circondano Mantova godendo così di una vista privilegiata sul profilo urbano ma anche del piacere di regalarsi una pausa rilassata ammirando la flora e la fauna che animano i laghi, specialmente nei mesi di luglio, agosto e settembre la natura regala la visione incantevole della fioritura dei fiori di loto che punteggiano l'acqua.
Distesa di piante di loto
La pianta venne introdotta nel 1914 dai padri Saveriani che pensavano di utilizzare la fecola ottenuta dai rizomi come farina come avveniva in Cina, la farina non incontrò il gusto dei mantovani ma i fiori apprezzarono il nuovo habitat crescendo a dismisura tanto che bisogna provvedere regolarmente a sfoltirne la vegetazione per evitare che soppianti la flora indigena.
Isolotto di arbusti
Lo spettacolo meraviglioso che offre la fioritura ispirò una leggenda per spiegare la loro presenza in quella zona. Narra la leggenda che un giovane viaggiando in Oriente conobbe una fanciulla dagli occhi a mandorla e dalla pelle profumata come i petali del fior di loto, giunta a Mantova la fanciulla si specchiò nel lago e vi cadde dentro. Il ragazzo gettò dei semi di loto nel lago in modo che fiorendo ogni estate ricordassero la bellezza e il profumo della sua sposa poi si tolse la vita annegando nello stesso lago.
Profilo di Mantova
Quindi, abbiamo detto che Mantova vuol dire una lunga storia che sconfina nel mito, bellezze naturali che affascinano, arte declinata nella sua massima espressione che tutto il mondo viene ad ammirare ma la città è anche sinonimo di buon cibo e di ottimi vini che soddisfano i palati più raffinati. La tradizione culinaria della città reca ancora tracce dei tempi dei Gonzaga, è ricca e variegata e spazia dagli antipasti con salame mantovano accompagnato dalla chiescela, una focaccia tipica salata, ai vari tipi di pasta, ai tanti stracotti fino ai dolci con la torta sbrisolona tanto per citare solo alcune delle meravigliose pietanze che rendono il soggiorno in città un piacere per la gola oltre che per gli occhi.
Palazzo Te - Camera di Amore e Psiche